La «generazione fragile» e le sfide della scuola bresciana

Ormai sono tutti tra i banchi i 130mila studenti bresciani: con ieri, dalla primaria alle superiori, l’anno scolastico è partito davvero per tutti. Un anno, per dirla con le parole dell’assessora regionale all’istruzione Simona Tironi, «di sfide e opportunità». Le prime sono tante, diverse, con cause altrettanto molteplici, e soluzioni multidisciplinari e non spesso di facili. Sono molti i problemi della scuola, dalle strutture alle cattedre, dai fondi alla disciplina. Qui vorremmo, però, concentrarci su uno dei temi più complessi, le fragilità degli studenti: ci sono quelle psicologiche, emotive, quelle relative alle competenze e all’apprendimento fino alle relazionali. E queste creano un effetto a catena che porta, anche, alla dispersione scolastica.
I giovani
Ogni generazione ha le sue sfide, è pacifico, ma questi ragazzi, oltre a essere figli del Covid (chi frequenta oggi la prima superiore era in terza primaria nel 2020), sono cresciuti in un contesto di grande competitività: devono avere buoni voti - la media è lì a ricordarglielo sul registro elettronico -, belli, felici e perfetti. Questo genera ansia, stress e insoddisfazione. E quindi fragilità emotiva.
I Bes
Da qui la necessità di istituire nella scuola, nel 2012, i Bes, Bisogni educativi speciali, dove vengono inseriti ragazzi con esigenze educative particolari, ma senza la certificazione di disabilità, come alunni con deficit di attenzione/iperattività (Adhd), disturbi evolutivi specifici non Dsa, difficoltà linguistiche, svantaggio socio-economico e culturale, plusdotazione intellettiva. La scuola interviene con un approccio personalizzato per garantire inclusione e fornire risposte su misura. Nell’anno scolastico 2023/2024 in Italia gli alunni con disabilità erano 359.000 (4,5%), gli alunni con altri Bes e senza disabilità certificata superavano l’8%.
La crescita dal 2017 è stata del 23%. In totale, sommando disabilità, Dsa e Bes, si stima che circa il 12-13% degli alunni necessita di misure educative di inclusione.
In Italia, nell’anno scolastico 2023-2024, quasi 359.000 alunni con disabilità. Solo in città, negli ultimi 15 anni si è passati da 4.807 ore di assistenza settimanale del 2010-2011 al più di 19mila ore previste per questo anno scolastico. Da 265 bambini e ragazzi a 781.

I Dsa
Gli alunni con Disturbi dell’apprendimento in 10 anni sono cresciuti del 500% passando dallo 0,9% del 2014 al 5,4% del 2024.
Dislessia, discalculia, disortografia e disgrafia possono influire sulla capacità di apprendimento e di concentrazione degli studenti; la maggior parte delle diagnosi sono al Nord: si va dall’8,4% della Valle d’Aosta all’1,6% della Calabria. Ed è certo che le diagnosi (vengono effettuate da un’equipe di professionisti) siano aumentate per una maggior sensibilità al tema: ai tempi dei nostri nonni non si andava a scuola così a lungo nel tempo e, soprattutto, se non riuscivi venivi classificato come svogliato o inadeguato allo studio. Per gli esperti, però, nell’aumento c’è anche una componente culturale legata all’uso eccessivo di tecnologia che impoverisce la capacità di lettura e scrittura.
Le conoscenze
Questo impoverimento genera fragilità delle competenze: dare un’idea della situazione della popolazione scolastica italiana sono i risultati degli Invalsi, le rilevazioni nazionali che, attraverso prove standardizzate nazionali somministrate in seconda e quinta alla primaria, in terza media e in seconda e quinta alle superiori, trasformano in numeri le conoscenze in italiano, matematica e lingua degli alunni. I risultati del 2025 sono più bassi di quelli del 2019: -7,5% in italiano e -5% in matematica. Nella seconda della primaria il 66% degli alunni raggiunge almeno il livello base in italiano (75% in quinta); il 67% in matematica (66% in quinta). In quinta il 91% lo raggiunge in inglese. Alle medie le competenze di base in italiano si fermano al 59% e al 56% di matematica. Inglese in controtendenza con l’83% degli studenti che raggiunge il livello A2 in Reading. Alle superiori italiano si attesta sul 62% e matematica sul 54%. Un dato positivo è la costante riduzione della dispersione scolastica: l’Italia ha raggiunto l’obiettivo del Pnrr per il 2026 (10,2%) con un anno di anticipo.
La dispersione
«Tra le priorità della Regione c’è combattere la dispersione scolastica: attraverso passioni e talenti portiamo i ragazzi a trovare la loro strada». Lo dice Simona Tironi che, in qualità di assessora regionale all’istruzione e lavoro punta molto sulla formazione dei giovani.
«Abbiamo dalla nostra - dice - il bando ZeroNeet realizzato con Fondazione Cariplo da 50 milioni per recuperare ragazzi a partire dai 15 anni, quindi ancora in obbligo scolastico, ma che lasciano la scuola e non fanno altro. Il dato positivo è che la percentuale diminuisce di anno in anno anche perché in Regione abbiamo un’offerta formativa ampia, di tutti i tipi, quindi c’è la possibilità di cucire su misura il percorso su ogni ragazzo». Altra azione contro l’abbandono, e i Neet (chi non studia e non lavora), è l’orientamento: «Dobbiamo orientare in maniera diversa - aggiunge Tironi -: orientarli bene porta a non arrivare all’insuccesso scolastico o alla demotivazione. Se si arriva lì, i ragazzi della "generazione fragile", mollano. Se l’orientamento lo fai bene non succede. Auspico, ma può farlo solo il ministro, che l’orientamento parta molto prima, già dalla prima media».
E aggiunge: «Stiamo, e saremo la prima regione a farlo, introducendo nelle scuole professionali la possibilità di fare il "pre-professionale", una classe composta da ragazzi che non hanno le idee chiare sull’indirizzo. In quell’anno avranno le competenze a 360 gradi e avranno tempo di capire cosa vogliono fare o scoprire una passione. Lo metteremo in pista già da quest’anno».
«La prima fragilità da affrontare è saper accogliere i ragazzi che non sanno cosa scegliere - dice Tironi -. Il resto arriva a cascata».
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