Invalsi, sui banchi di scuola «pesa lo status sociale della famiglia»

Sara Centenari
Il sociologo Barabanti fotografa la nostra società in base alle prove Invalsi svolte la scorsa primavera
Effetto denatalità: sono sempre meno gli studenti nelle classi bresciane © www.giornaledibrescia.it
Effetto denatalità: sono sempre meno gli studenti nelle classi bresciane © www.giornaledibrescia.it
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Quattro campanelli d’allarme accompagnano all’unisono l’analisi delle prove Invalsi proposte a primavera, a Brescia come in tutta Italia, ai ragazzi del «grado 10» e del «grado 13», ossia 2ª e 5ª superiore: il peso delle differenti condizioni materiali e culturali della famiglia determina molti giochi futuri; lo svantaggio di origine tra nativi e studenti di origini extraitaliane, invece di diminuire, cresce; il divario di genere non accenna a calare; infine a causa dell’inverno demografico occorre rimboccare (e ritagliare) le coperte della didattica. A esporre i risultati emersi dalle prove di italiano, matematica e inglese è il sociologo Paolo Barabanti, elaborando le novità e i dati Istat dal 2015.

Partiamo da un tema molto dibattuto: dopo aver tanto temuto il vento freddo della denatalità, ora l’aria si è fatta pesante. Diminuiscono i nati e ora anche gli studenti. Se nel Bresciano il tonfo dal 2015 al 2021 è stato del 3,9%, meno che in Italia (-5,95), ora il calo è più accentuato: tra il 2021 e il 2020 il numero di iscritti in provincia scende dell’1,7%, dell’1,3% in regione, dell’1,4% in Italia. Nel Bresciano passiamo dai 186mila studenti del 2015 ai 179mila del 2021.

«La quota del background migratorio non riesce più a colmare l’effetto negativo» che, in potenza, era già in agguato. «Si è quasi stabilizzato il numero di famiglie, nascite e arrivi dall’estero. E questo si traduce in diminuzione delle classi», rileva Barabanti.

Divario di genere

Nulla di nuovo purtroppo sul fronte del divario di genere. In due direzioni: nel raggiungimento degli obiettivi in lettere, le ragazze brillano di più. L’anno della maturità, la percentuale di maschi che tocca i traguardi in italiano è del 60%, del 70% per le femmine. I primi rendono però di più in matematica (alle superiori del 10%). «E non è certo una questione biologica, ma frutto del modello di socializzazione e di tanti messaggi latenti, dai media alla scuola, alla famiglia». Gli studenti di cittadinanza non italiana nel Bresciano sono 32.033 nel ’21/’22, con un’incidenza sul totale del 18%, più bassa che a Mantova, Cremona, Lodi, Milano e Pavia. Le seconde generazioni riescono meglio delle prime. «Non basta solo la lingua per l’inclusione. Serve essere inseriti in una rete, poter contare su un capitale sociale, far parte di una scuola in cui si inserisce ogni allievo», incalza Barabanti.

Svantaggi

Sullo svantaggio di origine, le considerazioni non sono confortanti. Gli anni pandemici hanno portato ad un abbassamento delle prestazioni: alle elementari in italiano su una base media di 200 punti il calo di rendimento, tra 2018/2019 e 2022/2023, è di 10-12 punti per i «nativi» e di 20-30 per le prime generazioni. In matematica i nativi in 2ª superiore raggiungono il 70% degli obiettivi, le seconde generazioni il 60, le prime non superano il 50%.

L’anno della maturità la prima categoria citata tocca i traguardi Invalsi in italiano nel 70% dei casi, la seconda solo nel 50% e la terza nel 40% appena: in 5 anni la differenza tra i primi e gli ultimi - che era di poco più del 20% - si è allargata al 30. «E, anche al di là delle nazionalità, la differenza di risultati in base al background familiare è sempre forte»: non si riesce a superare il travaso della differenza di condizioni socio-economiche e culturali in speculare iniquità dei traguardi di scolarizzazione, «anche se non c’è determinismo assoluto». Chi ha un basso indice arriva agli obiettivi in 6 casi su 10, chi può contare su alta combinazione di fattori materiali e di istruzione dei genitori in 8 su 10. «Lo status sociale pesa sull’uguaglianza di opportunità» per il futuro dei giovani cittadini.

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