Gli autisti bocciano l’accordo con Arriva: «Condizioni inaccettabili»

L’assemblea dei lavoratori conferma lo sciopero e invita le Rsu a rivolgersi all’Ispettorato del lavoro
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Gli autisti Arriva bocciano l'accordo tra Rsu e azienda
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Proposta bocciata all’unanimità dall’assemblea dei lavoratori, che conferma lo stato di agitazione ad oltranza e invita le Rsu a rivolgersi all’Ispettorato del Lavoro. L’accordo sottoscritto martedì scorso da Arriva, l’azienda concessionaria del servizio di trasporto pubblico per la provincia di Brescia, e dalle Rsu (tranne la Uil) è stato respinto al mittente dagli autisti e senza appello.

Ieri mattina i dipendenti della società si sono ritrovati per discutere la proposta avanzata qualche giorno fa dall’azienda di trasporto con l’intento di compensare il carico di lavoro che da tempo i conducenti degli autobus devono sopportare.

L’intesa

L’accordo prevedeva un aumento di 100 euro lordi di stipendio per un arco di tempo predeterminato, ma solo a chi garantiva per ottobre la presenza sul posto di lavoro per 27 giorni mensili, senza utilizzare ferie né permessi, senza malattia e neanche la 104, per chi ne avrebbe avuto diritto. «Un accordo assurdo - il pensiero degli autisti - che va contro ogni forma di diritto del lavoratore», si sono sfogati ieri mattina al termine dell’incontro.

La protesta

L’assemblea, alla quale hanno partecipato più di 200 lavoratori, ha quindi deciso di proseguire con la protesta, confermare lo sciopero di quattro ore indetto per il prossimo 22 novembre e continuare con l’astensione dello straordinario, «sia regolare che irregolare».

Da tempo, infatti, oltre le due ore di lavoro straordinario, previste dal contratto –  che comporta per gli autisti un impegno complessivo di otto ore giornaliere di cui sette e mezza di guida e mezz’ora di preparazione dei mezzi (controllo luci, gomme e funzionamento generale dell’autobus) – i dipendenti di Arriva sono sottoposti ad uno straordinario «che può arrivare fino a undici ore di guida giornaliere», affermano le Rsu della società. Un carico di lavoro esorbitante che non rispetterebbe neanche le nove ore di riposo previste, necessarie tra un turno e l’altro anche per garantire l’incolumità di chi lavora e dei cittadini trasportati sugli autobus extraurbani.

«Per questo – chiariscono in una nota i rappresentanti sindacali unitari – è nostra intenzione rivolgerci alle autorità competenti e chiamare in causa l’Ispettorato del Lavoro, per il rispetto della normativa sulla salute e sulla sicurezza».

I numeri

Attualmente Arriva può contare su 298 autisti su un totale di 346 dipendenti. Per riuscire a coprire le corse giornaliere necessarie a mantenere un buon livello del servizio di trasporto pubblico nella nostra provincia «servirebbero – spiegano le Rsu – almeno una 70ina di autisti in più».

È facile dunque immaginare il carico di lavoro che i conducenti oggi sarebbero chiamati a sopportare se dovessero mantenere un livello del servizio quantomeno accettabile. Il problema per la società, inoltre, non sarebbe la difficoltà di trovare nuovi autisti: «Negli ultimi due anni – spiega Luigi Dionisio, Rsu – sono passati da Arriva circa 120 autisti che si sono licenziati. Lavorare così diventa insostenibile a fronte di uno stipendio fermo da quindici anni che non riesce a compensare neanche l’inflazione».

Le richieste

L’assemblea ha quindi ribadito le richieste già sottoposte all’azienda nelle scorse settimane. Anzitutto un aumento di 50 euro al mese sulla parte strutturale della busta paga, quella alta, per intenderci, che a cascata determina in percentuale le altre voci dello stipendio.

Quindi l’assunzione di nuovi autisti, che con nuove modalità di lavoro e stipendi maggiorati, accetterebbero di continuare a prestare il proprio servizio per Arriva; poi la fine dello straordinario «fuori regola» e il ripristino del riposo obbligatorio, le nove ore tra un turno e l’altro.

«Continueremo su questa strada - concludono le Rsu - finché non ci sarà il giusto riconoscimento economico e condizioni di vita e di lavoro più dignitose». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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