Dopo la mancata consegna a Bollate, l’Interpol cerca Bozzoli a Capo Verde

Sono state avviate le indagini al largo del Senegal dove non c’è l’estradizione. Il satellitare della Maserati risulta sganciato
Giacomo Bozzoli potrebbe essere a Capo Verde
Giacomo Bozzoli potrebbe essere a Capo Verde
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Quei due fotogrammi fissano un punto. Di partenza, ma non di arrivo. Perché Giacomo Bozzoli resta latitante, ma almeno gli inquirenti italiani sanno con certezza che il 30 giugno il 39enne bresciano era nel resort di Marbella che già la compagna aveva indicato quando è stata sentita dai carabinieri dopo essere tornata con il figlio a casa.

Gli scatti nella hall del Hard Rock dimostrano anche che il bresciano, almeno fin a quel giorno, non aveva cambiato nulla dell’aspetto fisico. Cosa sia successo dopo resta però al momento un mistero.

Il nuovo interrogatorio

«Non ricordo, sono ancora sotto choc», ha ripetuto ieri Antonella Colossi, la compagna di Bozzoli, sentita per la seconda volta ieri in Procura, dopo che venerdì scorso i carabinieri l’avevano interrogata al Comando provinciale. «Giacomo è innocente, ma non so davvero dove sia», ha spiegato. Ora i magistrati valutano se sentire, in audizione protetta, anche il figlio della coppia.

Dove non c’è estradizione

Le indagini sono ormai a livello internazionale e l’Interpol, su imbeccata delle autorità italiane, sta mettendo gli occhi su Capo Verde, un arcipelago di una decina di isole al largo del Senegal. Un territorio dove non è prevista l’estradizione e che negli anni si è popolato di italiani, e bresciani, tra chi ha inseguito il nuovo business e che è scappato dai guai con la giustizia.

Sono già stati attivati i canali per cercare Giacomo Bozzoli. Al momento l’obiettivo è provare a capire se davvero il latitante di Marcheno è sbarcato nelle scorse ore. Poi gli investigatori proveranno a scovare eventuali triangolazioni di denaro estero su estero. Così come i consulenti della procura stanno analizzano i telefoni sequestrati nella villa di Soiano, compreso quello che il 39enne ha utilizzato come personale negli ultimi anni, e quelli dei parenti più stretti.

Il sospetto di depistaggi

In un buco nero pare essere stata inghiottita la Maserati Levante, probabilmente abbandonata perché mai più finita sotto i radar stradali dopo il triplo passaggio tra Manerba e Desenzano al mattino del 23 giugno e che non risulta più collegata al satellitare. Così come gli inquirenti ritengono sia stato un depistaggio anche la mossa di Bozzoli attuata nelle ore successive alla sentenza definitiva di condanna. Quando avrebbe fatto credere di volersi consegnare nell’arco di 48 ore nel carcere di Bollate, scelto perché uno dei pochi in Italia dove è presente la «stanza dell’affettività», un’area dove i detenuti possono incontrare compagne e figli in un ambiente familiare.

Per questo gli inquirenti erano ottimisti sul ritorno in Italia dell’uomo condannato al fine pena mai per aver ucciso lo zio Mario, gettato nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l’8 ottobre 2015. E invece Bozzoli non ha rispettato il presunto «patto» e al contrario ha guadagnato ulteriore tempo per completare una fuga, studiata e messa in atto lasciando a casa tutti i dispositivi elettronici solitamente in uso: tablet, cellulari e Apple watch. E il quadro si è completato poi quando anche la compagna – come ha riferito la donna in una ricostruzione ritenuta «fantasiosa e poco credibile» –, ha perso pure il suo telefonino nella prima notte lontano dall’Italia, trascorsa a Cannes. 

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