Cesio 137 all’ex Piccinelli, in autunno la gara che avvia le indagini a tappeto

Il piano approvato dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare prevede campionamenti ogni 10 metri in 43 punti. Rebus fondi per la bonifica
Un'immagine d'archivio dell'ex Cava Piccinelli - Foto Eden © www.giornaledibrescia.it
Un'immagine d'archivio dell'ex Cava Piccinelli - Foto Eden © www.giornaledibrescia.it
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I cinque cartelli che sfoggiano il triangolo giallo con il trifoglio nero impresso all’interno (simbolo della radioattività) contraddistinguono il suo stato di salute precario da più di venticinque anni. Ma ad avvertire chi si trova nei paraggi sono anche le scritte che accompagnano il logo: «Zona controllata, irradiazione esterna e contaminazione». Il quartiere è Buffalora: tra via Cerca e via Serenissima (a pochi passi dal Parco delle Cave) c’è quella che nei dossier nazionali è classificata come la seconda discarica con scorie radioattive non nucleari più grande d’Italia, ma a Brescia tutti la conoscono per la sua storia industriale passata (proprio lì c’era la casa della ex Cagimetal, azienda che lavorava scorie e rottami, poi fallita) e per il nome dei proprietari che hanno poi ereditato quella cava, la ex cava Piccinelli appunto. Ora, dopo anni di sostanziale stasi e di battaglie contro i mulini a vento della burocrazia, arriva una buona notizia: l’ingranaggio per aprire la strada alla messa in sicurezza (o alla bonifica) di quell’area si è messo in moto con tanto di documenti, cronoprogramma e vademecum d’azione. Una marcia che, però, trascina con sé anche una vecchia incognita: il grattacapo dei fondi.

Trovati nuovi rifiuti

Di cosa si tratta e a chi spetta occuparsi della situazione? I rifiuti da maneggiare sono scorie radioattive: nello specifico si tratta di 1.800 tonnellate di scarti di acciaieria impregnati di Cesio 137. Proprio per questo l’area è monitorata in continuo dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente: «Le analisi sono costanti - rimarcano l’assessora alla Transizione ecologica Camilla Bianchi e l’ing. Susi Canti - e nella falda non è stato riscontrato alcun superamento dei limiti di legge né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista radiologico». La storia dell’area Piccinelli è infatti finita sul groppone del Comune, che si trova a dover agire in via sostitutiva su incarico della Prefettura (a cui è affidata la competenza, appunto, per vigilare sui siti contaminati da materiali radioattivi).

«Nei giorni scorsi - prosegue l’ing. Canti - è stato eseguito un sopralluogo con la Polizia locale per procedere con la pulizia dell’area: in quell’occasione sono stati ritrovati quattro rimorchi e un’auto incidentata, rifiuti che andranno rimossi e di cui si sta cercando di accertare la proprietà».

Nel frattempo, il progetto esecutivo per il piano di caratterizzazione della parte radioattiva (tradotto: le analisi a campione) è ultimato e in fase di verifica. A dare una mossa all’iter è stato il nullaosta (con le prescrizioni che sono già state recepite) dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (alias: Isin). In parole più semplici: la novità è che c’è il cronoprogramma (e, quindi, tempi certi) d’azione, almeno per quel che riguarda tutta la prima fase del dossier Piccinelli.

Cronoprogramma

Il sito di via Cerca sotto la lente: stoccare materiali radioattivi ha costi molto elevati
Il sito di via Cerca sotto la lente: stoccare materiali radioattivi ha costi molto elevati

Entro l’autunno si procederà dunque con la gara d’appalto per le caratterizzazioni (prevista tra la fine di settembre e ottobre). Subito dopo, scatterà l’ora delle attività preliminari (potatura, misura radiologica, area di cantiere) per arrivare di lì a una manciata di mesi a effettuare perforazioni e campionamenti. Come funzioneranno? La ex cava sarà analizzata di dieci metri in dieci metri. Indagini e sondaggi saranno eseguiti in 43 punti (quelli che, tecnicamente, si chiamano «maglie»), fino a comporre una «radiografia» completa e, soprattutto, necessaria per azionare i cantieri. Questo iter assorbirà quasi il 50% delle (risicate) risorse disponibili: a restare in cassa sarà infatti poco più di mezzo milione.

La fase clou, ovvero la messa in sicurezza e la gestione dei rifiuti stoccati nel sito (smaltimento incluso), inizierà quindi nel 2025. A quel punto però i soldi dovranno essere in cassa, o la macchina rischierà di incepparsi di nuovo.

Tre opzioni

Tre le strade ad oggi sul tavolo: la messa in sicurezza con la realizzazione di un sarcofago in loco nel quale confinare le scorie radioattive è l’opzione senz’altro più economica e che piace maggiormente a Roma, specie perché per ora sono pochissimi i depositi idonei per accogliere rifiuti radioattivi. L’altra ipotesi è la bonifica con la rimozione di tutti i 1.800 metri cubi di scorie, sia la più sicura dal punto di vista ecologico e anche quella preferibile. Un preventivo informale circolava un anno fa negli uffici dell’assessorato all’Ambiente e azzardava una spesa compresa tra i 15 e i 20 milioni di euro. La terza via è un mix: una parte di rifiuti potrebbe viaggiare in discariche idonee e i restanti essere messi in sicurezza attraverso la realizzazione di un bunker.

A fare da bussola sarà il progetto definivo, ma qualunque sia la decisione finale resta un punto fermo: i fondi per la cava Piccinelli, ad oggi, non ci sono. E a reclamarli, trattando con il Ministero, dovrà essere (per competenza) la Prefettura, non la Loggia.

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