Nei vecchi uffici Caffaro un nuovo Centro di storia dell’ambiente

Il progetto di recupero degli uffici e delle palazzine della direzione è firmato da Fondazione Micheletti che chiama all’impegno anche Comune e Regione
La sede della Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
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Di sopralluoghi ne sono già stati fatti una decina, tutti con tecnici al seguito. E, d’altro canto, la Fondazione che porta il nome di Luigi Micheletti potrebbe muoversi in autonomia: nell’agosto del 2024, il commissario liquidatore (alias: la proprietà) ha ceduto in comodato d’uso all’organismo quegli spazi che rappresentano un pezzo di storia di Brescia, nel bene e nel male. E che – soprattutto – sono il simbolo di voci, fatti, scoperte e trame economiche, industriali e sociali che la città non può perdere. Nasce da tutto questo il progetto di recupero degli uffici e delle palazzine della direzione della vecchia Caffaro, quelle torrette in mattoncini rossi che si affacciano lungo via Milano e che la Fondazione vuole trasformare nella sede del «Centro di storia dell’ambiente». Riunendo così in un’unica casa gli schedari oggi sparsi in più sedi.

I faldoni

L’obiettivo è accompagnare una metamorfosi di quegli spazi: da luogo del disastro ambientale più clamoroso a luogo di riscatto in cui fare confluire non solo gli archivi della storica azienda chimica (un patrimonio stimato in circa 600 metri lineari di faldoni), ma in cui riunire anche tutti gli altri archivi ambientali (gestiti sempre dalla Fondazione) oggi ospitati in diverse sedi, nonché i carteggi e i documenti che portano il timbro dell’Asm, altra azienda che ha caratterizzato la modernizzazione industriale di Brescia.

Quella della Fondazione – presieduta da Ettore Fermi e che vede lo storico dell’ambiente Marino Ruzzenenti tra i collaboratori di riferimento del Centro di ricerca – non è un’idea embrionale: esiste un progetto e le prime interlocuzioni con il Comune sono già avvenute.

Riscatto per la città

«La realizzazione della sede del Centro di storia dell’ambiente alla Caffaro rappresenterebbe un riscatto per la città e un esempio a livello nazionale, e non solo, di come da un tragico disastro ambientale possa rinascere una realtà deputata allo studio e alla ricerca, indispensabili per valutare criticamente un passato doloroso e complesso e per progettare un futuro in cui la tecnica sia sempre più amica dell’ambiente e dell’uomo – si legge nel documento –. Peraltro sarebbe un Centro di storia dell’ambiente unico a livello nazionale. Anche per questo, oltre a realtà pubbliche e private a livello locale, andranno coinvolti sia la Regione Lombardia che il Governo».

Fattore tempo

Il sostegno istituzionale, inutile negarlo, favorirebbe anche la caccia ai fondi necessari per realizzare il Centro (la stima economica si aggira attorno ai 100mila euro): il progetto culturale e storico avrebbe, ad esempio, le carte in regola per concorrere agli Emblematici Cariplo.

Ma c’è anche un’altra ragione per la quale la Fondazione lancia l’appello alle istituzioni e si chiama fattore tempo: «La sistemazione della direzione va compiuta al più presto, prima dell’avvio operativo dei cantieri della bonifica, tenendo conto che le ditte avrebbero intenzione di utilizzare alcune stanze sul lato sud per i propri uffici. È del tutto evidente – scrive Ruzzenenti – che per i lavori di manutenzione, ristrutturazione e messa in sicurezza necessari al Centro di storia dell’ambiente questa presenza sarebbe di grave ostacolo. D’altro canto, se questi lavori non venissero compiuti subito, lo stato dell’immobile sarebbe soggetto a un inevitabile degrado»: una volta tramontata, nel 2022, l’idea di realizzare proprio in quegli uffici la sede del Museo di Scienze naturali, all’interno del progetto di bonifica non è stata prevista al momento alcuna destinazione per le torrette arancioni.

«La stessa bonifica – aggiunge infine lo storico – potrebbe durare più del quinquennio preventivato e già ora vi sono problemi di deterioramento, in particolare sul lato nord, verso via Milano, dove sono presenti infiltrazioni d’acqua».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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