CronacaGarda

Cade il divieto, il coregone torna nelle acque del lago di Garda

Alice Scalfi
Negli ultimi cinque anni il pesce era stato classificato come specie «aliena». Presto inizierà la selezione dei riproduttori, affidata a pescatori professionali
Dei coregoni - © www.giornaledibrescia.it
Dei coregoni - © www.giornaledibrescia.it
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Per cinque anni, il coregone è rimasto fuori dalle reti del Garda. Non per colpa dei pescatori, ma di un divieto che lo classificava come «alieno», nonostante secoli di presenza nel lago. Ora quella norma è stata sospesa, e dal 2026 il pesce simbolo del Garda potrà tornare nelle sue acque.

Il via libera è arrivato con la Legge di semplificazione approvata lo scorso 2 dicembre, che sospende fino al 31 maggio 2026 il blocco alle immissioni di specie considerate non autoctone. È la fine di un divieto introdotto nel 2020 che aveva interrotto ogni attività di ripopolamento, mettendo in crisi l’intero comparto della pesca professionale e creando forti ripercussioni anche per il settore della ristorazione.

«Si tratta di un passaggio storico – commenta l’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi – che restituisce prospettiva e futuro alla pesca del Garda. Il ritorno del coregone non è un gesto simbolico: è frutto di un lavoro tecnico accurato e di una scelta politica precisa, che ristabilisce equilibrio e ascolta i territori».

Con la modifica normativa parte ora una fase operativa delicata. Nei prossimi giorni inizierà la selezione dei riproduttori, affidata ai pescatori professionali, per fornire all’incubatoio ittico di Desenzano un patrimonio genetico sufficiente a produrre circa 40 milioni di uova: è il numero minimo necessario per programmare le immissioni del 2026.

Se le operazioni procederanno come previsto, però, non sarà necessario attendere a lungo. «Contiamo di poter rilasciare i giovani coregoni già a febbraio – aggiunge Beduschi – ma dipenderà dalla disponibilità dei riproduttori e dai tempi dell’incubazione. È comunque un segnale forte, che premia l’impegno di chi ha continuato a lavorare per salvaguardare questa specie».

Negli ultimi anni, la messa al bando del coregone aveva sollevato critiche diffuse, soprattutto tra i pescatori gardesani. Nonostante la sua presenza storica nelle acque del lago, il pesce era stato considerato «non autoctono» secondo le classificazioni normative europee, finendo tra le specie da escludere dalle immissioni per ragioni di tutela della biodiversità. Una definizione che, sul campo, aveva significato la progressiva scomparsa di una delle specie più rappresentative e apprezzate del bacino lacustre.

Con la sospensione del divieto, la Regione riapre ora un margine d’azione per il settore. E lo fa – sottolinea ancora Beduschi – sulla base dei dati scientifici raccolti, ma anche della realtà concreta del territorio: «La Lombardia ha dimostrato di saper ascoltare, garantendo continuità a una specie che qui ha rappresentato per decenni lavoro, identità e qualità. E sostenendo un comparto che aveva bisogno di certezze».

Per il Garda, il coregone non è soltanto una voce nei menù. È parte della cultura alimentare, della memoria collettiva, delle economie locali. Il suo ritorno non risolve tutti i problemi della pesca professionale, ma interrompe una deriva burocratica che rischiava di cancellarne uno dei simboli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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