Un’avanguardista con l’apostrofo e il grano rosso sangue

Clementina Coppini
La Collezione Paolo VI di Concesio ospita un evocativo «olio» modernista, opera di una pittrice nata in Svezia e vissuta poi fino alla morte in Costa Azzurra
L’opera di Anna Eva Bergman a Concesio
L’opera di Anna Eva Bergman a Concesio
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Non ha una pagina in italiano su Wikipedia, Anna Eva Bergman, pittrice. Ma è esistita come artista e nella Collezione Paolo VI a Concesio è presente un suo quadro. Aveva studiato all’Accademia d’arte di Oslo e di Vienna, era una modernista della Scuola di Parigi.

L’astrattismo ha questo di bello: può sembrarti di non vederci nulla e poi qualcosa t’illumina, come se un’immagine in apparenza priva di senso iniziasse all’improvviso a parlarti. Questo papa Montini lo sapeva e, anche se aveva davanti agli occhi la Cappella Sistina o forse proprio per questo o forse perché aveva una mente straordinaria, insomma per queste ragioni e tante altre amava tutta l’arte, antica, moderna e contemporanea.

Il quadro

L’olio su tela di Bergman, intitolato «Paesaggio Tratto d’Argento», è datato 1970. L’artista era nata a Stoccolma nel 1909, pertanto quando realizza quest’opera ha 61 anni e ha visto gli orrori della prima metà del suo secolo. In quello stesso anno, mentre Montini è a Roma da sette anni sul soglio pontificio, Bergman si trasferisce ad Antibes, in Costa Azzurra, dove abiterà fino alla morte.

Ecco un’anima libera, all’avanguardia in ogni aspetto, umano e creativo. Un’avanguardista con l’apostrofo, che diceva: «Devo essere completamente libera e sola, e soprattutto devo avere molto tempo, senza alcun lavoro domestico e altri tipi di impedimento, devo solamente occuparmi del mio lavoro personale e avere anche il piacere di riposarmi». Perché, una donna non può essere così?

Ma torniamo al quadro: è bicolor, in alto blu e in basso tendente al rosso. In mezzo corre una sottile riga in foglia d’argento (l’autrice amava usare materiali come oro, argento e piombo in foglia). Sembra la bandiera dell’Ucraina così com’è ora, con sopra il blu, in mezzo il metallo delle armi e sotto non più il giallo dei campi coltivati, ma il grano rosso sangue, come nel racconto di Stephen King diventato un film.

Chissà se Anna Eva Bergman, mentre lo dipingeva, era perseguitata dai fantasmi della guerra, anzi delle due guerre, che aveva visto. Forse sì e quel rosso sotto il cielo vuole evocare morte e distruzione. E qui, davanti a un dipinto di un genere che prima non ti diceva granché, intuisci l’evolversi della storia e delle vicende umane. Comprendi come dalle visioni degli artisti promani una forza quasi da rabdomanti, una capacità indomita di prevedere il futuro.

Giovanni Battista Montini, ora San Papa Paolo VI, anche lui doveva avere questo superpotere dentro di sé per comprendere tutto ciò, per concepire l’idea di avviare una raccolta che ci parla di lui e del suo amore, ricambiato, per l’arte. Anche lui aveva vissuto la guerra. Quindi capiva, quindi soffriva. E ricordava. Non si torna indietro uguali dopo aver visto quella sottile fredda linea di metallo che è un bagno di sangue. Anna Eva e Giovanni Battista lo sapevano bene. E, attraverso loro, ora anche noi.

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