Seduta sulla stessa panchina, sotto la pioggia

Clementina Coppini
Identico luogo, stessa panchina fuori dal castello di Padenghe, ma con un tempo diverso e senza l’ombrello
Il monte Baldo emerge tra la nebbia
Il monte Baldo emerge tra la nebbia
AA

Capita di svegliarsi una mattina di pioggia, quando è primavera ma si sa che non tutti i giorni sono splendenti, e di pensare di tornare dove sei stato giusto una settimana prima. Per guardare lo stesso identico luogo con un tempo diverso. Stessa panchina fuori dal castello di Padenghe. Stessa vista sul lago. Stavolta l'acqua è quasi nera, a causa delle nuvole buie che si riflettono sulla superficie.

Il Baldo quasi non si vede e nemmeno la penisola di Sirmione. Puoi solo immaginare. Stavolta al posto della limpidezza c'è il nebbioso nulla. Inquietante, selvaggio come le onde scurissime del lago. Continui a pensare che al posto di baloccarti in tali stupidaggini potevi trovare qualcosa di meglio da fare. Ma più osservi più comprendi che a volte la vera la scoperta è non scoprire. E immergerti nel dubbio e nella foschia.

Il panorama rimane un'estasi, ma di diversa natura. Non hai bisogno di osservarlo con la curiosità di cogliere i particolari, oggi obliterati. Non devi proiettare nessun dolore o frustrazione su nulla in particolare, perché il tutto, nel suo indefinito, ti avvolge, pur senza ripararti. Non certo dalla pioggia, quella scende. Volendo puoi indossare in impermeabile oppure scegliere di essere intriso dalle gocce. Medesima panchina, ma stavolta sei davvero solo.

Castello di Padenghe

Il castello ha un aspetto diverso. Non brilla per il sole, è lucido di acqua. È lo stesso che per secoli ha dato rifugio a persone che dovevano difendersi da chi arrivava anche nei momenti meno piacevoli. Ti viene da pensare ai tuoi antichi padri, che si chiudevano in quelle mura torturati dal nemico e dalle intemperie. E non sapevano cosa avrebbero trovato fuori una volta finito il peggio. Intirizziti come te, ma senza l'auto parcheggiata vicino.

Il luogo non è rassicurante come sembrava in pieno sole. Come cambia la prospettiva quando il brutto tempo incalza, com'è diverso il tuo spirito quando il riparo non è sicuro, vero? L'orizzonte indefinito e dai contorni imprecisi non è confortante, ma ciò non va interpretato come un male, bensì come un dato di fatto. Ti verrà il raffreddore, avrai il mal di gola, ma che importa? Hai le medicine, quelle di cui non disponevano i tuoi antenati allora e molti tuoi simili ancora adesso.

Davvero sei così fragile da non poter sopportare un minimo disagio per avere il privilegio di poter osservare con occhi consapevoli ciò che ti circonda? Non è per questo che sei qui? Lascia che capiti, in questa cupezza scura, che l'unica cosa limpida diventi il tuo cuore: lascia che si concentri non su ciò che ti manca e ti deprime e ti angoscia, ma sul male degli altri. E magari sul sole che tornerà. Accetta che non torni subito. Il ticchettio della pioggia bussa sulla tua testa ricordandoti che il tuo cervello funziona ancora. Che ancora pensa, e gioisce, e soffre. In ogni caso, come sai, esistono gli ombrelli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.