La chiesa di un papa divenuta tomba (e tempio) di un pittore

Clementina Coppini
La basilica di san Clemente risale al Mille ma l’aspetto attuale di stile neoclassico è dovuto all’architetto Rodolfo Vantini e al suo interno vi sono dipinti di valore
La facciata della chiesa di san Clemente
La facciata della chiesa di san Clemente
AA

La chiesa di san Clemente, fondata nei dintorni del Mille, conobbe il suo periodo di splendore con l’arrivo, nella seconda metà del Quattrocento, dei domenicani, costretti a traslocare dal monastero di San Fiorano sui Ronchi a causa della costruzione di mura difensive da parte della Serenissima.

I monaci la ingrandirono, la riempirono di opere d’arte e la collegarono al loro nuovo monastero, dotato di due chiostri: uno grande, dove a metà Ottocento (i frati erano stati cacciati nel 1770, sempre a opera dei veneziani) si sentivano le risate dei bambini, essendo il luogo diventato sede del primo asilo infantile di Brescia, e uno piccolo, che somiglia a un giardino d’inverno.

Tomba e tempio

È dedicata a un Papa vissuto nel I secolo e divenuto santo ma è meglio nota con il nome di Tempio del Moretto, poiché dal 1554 vi riposa il grande artista, che tra l’altro abitava qui vicino (in una casa del 1200 e che quindi era già antica ai suoi tempi), in vicolo San Clemente. Insomma, Clemente fu ben presente durante la vita del pittore e anche dopo.

Il monumento funebre, ottocentesco, è un cenotafio: la salma del Maestro è altrove, forse da qualche parte sotto il pavimento o magari nel vicino antico cimitero. L’aspetto attuale della struttura, neoclassico, è dovuto all’architetto Rodolfo Vantini, che dal 1837 mise mano all’edificio, trasformandolo pesantemente (secondo alcuni deturpandolo irrimediabilmente).

Gli interventi

Tra i molti interventi invasivi spiccano lo stravolgimento della facciata e la copertura degli affreschi di Lattanzio Gambara, genero del Romanino, di cui invece è ancora presente una Resurrezione con un Gesù che pianta i piedi fuori dal sepolcro, affiancato da Papa Clemente I e da Santa Teresa. Per fortuna i dipinti sopravvissero ai restauri e anche alla geniale idea dell’esercito sabaudo di trasformare il tempio in deposito militare nel 1859, durante la Seconda Guerra d’Indipendenza.

Le opere del Moretto

A dispetto della stoltezza umana ci è ancora concesso di vedere opere del Moretto come la Vergine in gloria con i santi Clemente, Domenico, Floriano, Caterina e la Maddalena (sull’altare maggiore), il Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria con i santi Caterina da Siena, Paolo e Girolamo, l’Offerta di Melchisedec ad Abramo, le Sante Martiri, Sant’Orsola e le Vergini. Storie che spesso hanno come sfondo angoli e monumenti di Brescia amati dal pittore.

È divertente immaginare Alessandro mentre va in giro per commissioni o a trovare i suoi vicini di casa nonché cari amici, tra cui Agostino Gallo, celebre agronomo, e Angela Merici, donna evolutissima, fondatrice dell’ordine delle Orsoline (chissà, forse Moretto l’aveva in mente quando dipinse la sua Sant’Orsola) e futura santa. Tre anime di un tempo diverso in un tempio diverso, ma nella stessa via della stessa città, delle cui fondamenta sono stati, sono e saranno per sempre parte essenziale.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.