San Girolamo e l’arte di rinunciare ai beni terreni

Posti di continuo di fronte al dolore del mondo ci si inizia sentire vecchi, deboli, come se si dovesse scontare una colpa di cui non si ha chiara coscienza, nondimeno è una colpa o forse è solo la coscienza stessa che riemerge da ciò che si vorrebbe ignorare. Le rughe diventano più profonde ed emerge la solitudine.
Eccoti lì, segnato, lacero e muto, per scelta o perché nessuno ti ascolta, nemmeno tu. Sei un Girolamo Penitente, a parte il fatto che non sei santo né sapiente e il leone ai tuoi piedi è il gatto Ciccio.
Cerchi un’immagine di questo eremita del IV secolo che lascia tutto per ritirarsi a meditare e ti imbatti, alla Tosio Martinengo, in un’opera del Romanino (che di nome faceva Girolamo).
Girolamo e il senso del vivere
Guardi questo anziano e ti chiedi in primis perché sia più in forma di te e poi come faceva ad avere un’anima così leggera pur essendo affamato, deprivato di ogni gloria terrena e comodità e persino di abiti decenti? O forse è rinunciando a tutto che ci si eleva? Sarà così che si può trasformare il fallimento di una vita in un successo mondiale, anzi ultraterreno?
Sarà smettendo di sentirsi leoni, abbandonando i simboli del potere (il cappello da Dottore della Chiesa è per terra), accantonando il Sapere (i libri aperti sul tavolo non sono degnati di uno sguardo), insomma lasciando da parte tutto ciò di cui ci si circonda per sentirsi qualcuno, è così che infine si perviene alla saggezza?
Il vecchio è concentrato su un crocefisso di legno, metafora del Metafisico, della Consapevolezza di sé, di ciò a cui aspira anche chi non crede nell’Aldilà.
In quanto interprete della Bibbia Girolamo è patrono dei traduttori, e, per il suo interesse verso le antichità, degli archeologi. Un traduttore cosa fa, se non occuparsi di cose scritte da altri e della cui creazione non ha merito? E che è un archeologo se non uno che cerca cose fatte da altri in altre epoche?
Sono due intermediari di qualcosa che va oltre loro e per esercitare tali professioni (come per molti altri lavori oscuri, incluso quello dell'artista) servono umiltà, disciplina, silenzio. Grandi virtù, sebbene non sempre accrescano l’autostima.
L’abbandono del superfluo
Oh, Girolamo, quanto insegnano la tua povertà e la tua rinuncia ai beni terreni! Quanto insegna la tua accettazione dell’esistenza per ciò che è, ripulita da ogni cappello e criniera e saccenteria? Quanto potrebbe essere utile a ciascuno avere in mano un sasso (lui lo tiene nella destra) con cui colpirsi ogni volta che si ha la tentazione di pontificare, di sentirsi migliore o più sfortunato degli altri, in spregio a chi vale o soffre di più?
Questo personaggio canuto dà ancora più da pensare poiché l’autore del quadro lo ha dipinto quando era poco più che ventenne. Nessuno è immune dall’angoscia del vivere né dalla voglia di capire il senso di vita e morte. Nemmeno quando l’età si fa oscura, nemmeno quando la giovinezza splende.
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