La statua di Tartaglia che celebra il genio di un sopravvissuto

Oggi Niccolò Fontana è seduto alla sua scrivania nel bianco monumento che lo ritrae in piazzetta Santa Maria Calchera a Brescia
La statua di Tartaglia in piazzetta S. Maria Calchera a Brescia - New Eden Group © www.giornaledibrescia.it
La statua di Tartaglia in piazzetta S. Maria Calchera a Brescia - New Eden Group © www.giornaledibrescia.it
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Niccolò Fontana nacque nel 1499 da una famiglia povera. A sei anni rimase orfano di padre; a circa tredici, durante il Sacco di Brescia, fu massacrato dai soldati francesi nel Duomo Vecchio, dove si era rifugiato. Gli spaccarono testa, mascella e palato. Non morì grazie alle cure della madre, ma non riuscì più a parlare in modo corretto e per questo fu soprannominato Tartaglia.

Lui stesso racconta le cinque ferite infertegli in chiesa, «tre delle quali su la testa che in cadauna la panna del cervello si vedeva, et due su la fazza, che se la barba non melle occultasse, jo pareria un mostro». Malgrado ciò Niccolò divenne un grande matematico, a volte incompreso. Purtroppo a quei tempi i cultori di tale disciplina si sfidavano in contese verbali e lui, che faceva fatica a esprimersi, non riusciva quasi mai a spuntarla.

Non ebbe grande fortuna con Cardano e Ferrari, suoi illustri colleghi, ma in compenso nel 1556 scrisse il General Trattato di Numeri e Misure (dove compare il triangolo che porta il suo nome), fu il primo al mondo, nel 1543, a tradurre dal greco gli Elementi di Euclide e nel 1537 pubblicò Nova Scientia, avveniristico studio di balistica apprezzato da Galileo. Si occupò tra l’altro di sezioni coniche e della risoluzione delle equazioni di terzo grado (chissà se si può utilizzare come scusa per non aver capito tali concetti il fatto che Tartaglia parlasse male).

La statua

Ora Niccolò è seduto alla sua scrivania nel bianco monumento che lo ritrae, di fianco alla chiesa di Santa Maria in Calchera, nella sua città natale. Ha una lunga barba e assomiglia a Euclide. Ha la testa abbassata su un foglio, preso com’è, compasso in mano, a riflettere su qualche complesso calcolo. Per avere una statua tutta sua ha aspettato mezzo millennio.

Scolpita da Luigi Contratti in marmo di Botticino, la scultura fu inaugurata il 10 novembre 1918, una settimana dopo la fine della Prima Guerra Mondiale per l’Italia, giorno perfetto per celebrare il genio di un sopravvissuto. L’opera è stata più volte imbrattata e lo scienziato vilipeso. Forse sapere cos’ha subito da piccolo e conoscere la sua lotta contro la disabilità, la miseria e i colleghi che gli rubavano le idee gli farebbero ottenere il rispetto che merita, al di là del suo indubbio talento scientifico.

Di fianco all’ingresso del Duomo Vecchio è murata un’epigrafe: «Qui scampato agli eccidi del 1512 un povero fanciullo ferito alle labbra ebbe indi nome dalla impedita favella quel nome è tartaglia glorioso nella scienza dei numeri». Niente e nessuno può impedirti di avere sempre di fianco a te, come niccolò nella sua statua, una sferica volta celeste con le costellazioni che si rincorrono e neppure di comprendere nel profondo ciò che ad altri, in apparenza perfetti, è negato intuire. E se anche tutti gli altri fossero senza difetti tu tartaglia sempre con orgoglio.

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