Un anno di pandemia: U come Usca

Medici, spesso giovani, sono divenuti il volto della sanità che per contrastare il Covid arriva nelle case dei pazienti
USCA, LA TESTIMONIANZA
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Usca

Quella delle Usca è una pagina nobile di questa pandemia, che si lega ad un’idea di prossimità delle istituzioni che sa di futuro e ad un’immagine di medicina che parla invece di tempi andati, di medici condotti in strada col calesse nella notte di neve per un paziente allettato in tanta campagna. 

Non priva di criticità, come pagina, sia chiaro, ma con una forza anche iconografica non banale. Laddove molti medici di base hanno lamentato di sentirsi tagliati fuori e dove la rete territoriale ha mancato, se è vero che tanti, barricati in casa in isolamento si sono sentiti abbandonati, qualche medico di famiglia in tuta bianca fin dalle prime ore della pandemia ha bussato a tante porte per visitare, assistere, consigliare.

Le Usca (acronimo di Unità speciali di continuità assistenziale) sono state l’evoluzione strutturale. Tardiva magari - le prime sono entrate in azione attorno ad aprile - ma efficace. Con l’integrazione di strumenti per diagnosi qualificate (vedi gli ecografi portatili donati da aiutiAMObrescia) e un elemento non sempre evidenziato: molti di loro sono giovani, pronti a mettersi in gioco anche laddove il rischio è alto, a dar valore e concretezza ad una scelta di vita da poco compiuta.

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