Termoutilizzatore, parte il recupero fumi: a ottobre calore in più per 4mila famiglie

Il termoutilizzatore è un grande cantiere. «Il più grande della città» spiega con orgoglio Fulvio Roncari, presidente di A2A Ambiente. Sull’impianto di via Malta si stanno investendo oltre cento milioni di euro per tagliare le emissioni e recuperare calore anche dai fumi, così da ridurre a poco più del 20% l’uso del gas. Non solo.
Qui sarà realizzato l’elettrolizzatore per produrre l’idrogeno verde che alimenterà i nuovi treni della Brescia-Iseo-Edolo. Qui si sperimentano le nuove pavimentazioni: l’asfalto prodotto con la plastica dura non riciclabile, utilizzata al posto di ghiaia e ciottoli; le piastrelle della Saxa Gres (azienda di Anagni partecipata da A2A) realizzate recuperando le polveri pesanti del termoutilizzatore, residio della combustione. «Quest’impianto è una sorta di icona dell’economia circolare, un laboratorio di nuove pratiche -spiega Roncari - e con gli investimenti che stiamo realizzando, si confermerà uno tra i termovalorizzatori più performanti al mondo».
Il piano
Operai, tecnici, ingegneri. In via Malta si lavora ormai da un paio d’anni. L’upgrade della prima linea è di fatto pronto e a ottobre, quando si riaccenderà il riscaldamento, il termoutilizzatore sarà in grado di fornire calore a 4mila famiglie in più. «È il tassello principale del progetto di decarbonizzazione che abbiamo avviato nel 2018» ricorda Roncari, vale a dire ridurre l’uso di fonti fossili (gas) per riscaldare e illuminare la città.In sintesi: accumuli termici, vale a dire gigenteschi serbatoio di acqua calda, già realizzati; campo solare alla centrale di Lamarmora; recupero del calore industriale, con Ori Martin e Alfa Acciai allacciate alla rete del teleriscaldamento. Ora tocca al termoutilizzatore, che vale la metà del piano complessivo.
Il sistema
La tecnologia si chiama «flue gas cleaning condensation», sarà applicata sulle 3 linee dell’impianto, migliorando le prestazioni ambientali (gli ossidi di azoto saranno tagliati del 40-50%) e recuperando circa 150 GWh di calore aggiuntivo l’anno a parità di rifiuti bruciati. Oggi i fumi dell’inceneritore vengono abbattuti da un sistema di filtri a maniche. Ora, in aggiunta, verrà realizzato un filtraggio a umido: di fatto il «lavaggio» dei fumi consentirà di abbattere gli inquinanti acidi, acido cloridrico e anidride solforosa.
Con questa tecnologia sarà poi possibile condensare il calore presente nei fumi, recuperando energia termica, da convogliare nella rete del teleriscaldamento. Per farlo si utilizzeranno nove pompe di calore industriali, realizzate in ipogeo (le si può vedere passando in tangenziale o autostrada), che avranno una potenza complessiva di 60 Megawatt.
Oggi il termoutilizzatore produce 820-840 Gigawatt termici l’anno. Con i nuovi impianti arriverà a sfiorare i mille, di fatto il 77% del fabbisogno annuale di calore della rete del teleriscaldamento. Riducendo quindi l’uso del gas, utilizzato nelle ore di punta e in pieno inverno, quando è massima la richiesta di acqua calda. Una volta recuperata l’energia termica, i fumi passeranno poi nella torre Denox che dimezzerà le emissioni di ossidi di azoto, già ora sotto i limiti di legge.
Per lavare i fumi, condensare il calore e abbattere le emissioni sarà realizzata una «torre» per ciascuna linea, incastonata ai piedi del camino del termoutilizzatore. La prima è di fatto pronta. «Il sistema sarà attivato a ottobre, con la nuova stagione termica» spiega Roncari.
Per le altre due linee ci vorrà un altro anno: l’obiettivo è che il sistema vada a regime per l’autunno del 2023. A quel punto si potrà arrivare a produrre 150 Gwh di calore in più l’anno, pari al fabbisogno di 12.500 famiglie, evitando l’emissione in atmosfera di 20mila tonnellate di Co2.
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