Teleriscaldamento, Arera: «Rincari eccessivi, il prezzo rifletta i costi reali»

Gli aumenti del prezzo del teleriscaldamento appaiono in gran parte «ingiustificati». «Nelle reti caratterizzate dall’utilizzo di fonti energetiche con bassi costi variabili (rifiuti e geotermico), all’incremento dei prezzi del servizio (tipicamente indicizzati alle quotazioni del gas) non è seguito un corrispondente aumento dei costi di produzione. La divaricazione tra il livello di costi e ricavi ha determinato una crescita significativa dei margini destinati alla remunerazione del capitale investito, con potenziali extraprofitti per gli operatori del settore». È quel che si legge nelle conclusioni dell’indagine Arera avviata lo scorso marzo che bacchetta gli operatori del teleriscaldamento: «problemi di equità», «incrementi ingiustificati», sistemi di calcolo «non congrui».
Arera propone anche una soluzione: introdurre «una regolazione cost reflective dei prezzi», definendo «criteri generali per la determinazione delle tariffe, comprensivi delle modalità di recupero dei costi di capitale e dei costi operativi. Una «proposta» che dovrà ora essere raccolta (o scartata) da Governo e Parlamento.
Il caro energia non ha risparmiato nemmeno le reti di teleriscaldamento. Il motivo? Nel mix energetico per alimentare le reti il gas rappresenta il 69%. Quindi il prezzo è comunque legato alle quotazioni del gas. Arera, l’Autorità nazionale per l’Energia, le Reti e l’Ambiente, ammette che «il prezzo del gas costituisce un riferimento importante per il settore anche per dinamiche di mercato: per assicurare la competitività del servizio gli operatori del teleriscaldamento devono infatti applicare dei prezzi comparabili alle alternative disponibili».L'indagine
Lo scorso 1° marzo ha comunque deciso di accendere un faro sui rincari avviando «un’indagine conoscitiva sull’evoluzione dei prezzi e dei costi del servizio di teleriscaldamento» per verificare la «congruità» degli aumenti. I risultati sono stati pubblicato lo scorso 4 novembre. L’indagine non entra nel dettaglio delle singole città o dei singoli operatori (circa 200 a livello nazionale). Fa una disamina generale. La maggior parte delle tariffe, spiega Arera, è determinata «facendo riferimento al costo evitato di una caldaia a gas» o comunque «indicizzando i prezzi alle quotazioni del gas naturale». L’Autorità ammette che lo scenario è molto diversificato.
Nel primo trimestre del 2022 «i prezzi sono compresi tra un minimo di 70 euro al megawattora ad un massimo di 311 euro». L’indagini evidenzia comunque «alcune criticità»: «I prezzi del servizio di teleriscaldamento sembrano in genere superiori al costo evitato di una caldaia a gas, che dovrebbe invece rappresentare il prezzo massimo applicabile». In sostanza, spiega Stefano Saglia, consigliere del consiglio di Arera, gli operatori fanno un prezzo superiore al costo evitato. «Oggi il teleriscaldamento costa più di una caldaia a gas e questo è ingiusto».
Una soluzione possibile
Da qui la proposta di un «nuovo meccanismo cost reflective» in grado di produrre «un prezzo che tiene conto della quota di calore fatta con combustibile diverso dal gas, come i rifiuti». Insomma, il nuovo meccanismo assicurerebbe «l’equità dei prezzi» si legge nella relazione. Potrebbe rilanciare lo sviluppo del teleriscaldamentoe valorizzare i «benefici ambientali». E, «nei sistemi caratterizzati da minori costi di produzione di energia termica, sarebbe inoltre possibile trasferire parte dei benefici agli utenti, con positive ricadute economiche e sociali».
E Brescia?
L’indagine non mette purtroppo a confronto i vari sistemi territoriali e non presenta un dettaglio analitico città per città. In base ai prezzi pubblicati sui portali dei principali operatori si può comunque verificare come il prezzo di Brescia sia il più basso e quello cresciuto meno tra primo trimestre 2021 e primo trimestre 2022.
Poi A2A ha bloccato le tariffe, mentre in altre città la crescita dei prezzi è continuata. Resta che anche a Brescia vi è stato un incremento dei prezzi, attorno al 70%. La rete di teleriscaldamento di Brescia è alimentata per il 70% dal calore prodotto coi rifiuti. Ma per il calcolo del prezzo va tenuta in considerazione la quota di «calore da fonti non fossili» utilizzata dall’intero gruppo A2A, per tutte le sue reti di teleriscaldamento. Finora quella quota era al 56,3%, a ottobre è scesa al 52,8%. Insomma, metà del prezzo tiene conto delle quotazioni del gas. Ma questo meccanismo, spiegano da A2A, è di fatto già legato ai costi reali dell’operatore (il gas).
Fino al 30 settembre la multiutility ha riassorbito i rincari (stimati in 24 milioni), tenendo bloccato il prezzo. A ottobre ha congelato la componente elettrica, ma a causa del prezzo del gas si è registrato un aumento del 2,2% (monomia). Questo confrontando il prezzo «congelato». Se si prendesse in considerazione il prezzo pieno, quindi senza il blocco degli aumenti messo in campo da A2A, vi sarebbe un meno 8,3%. Nel valutare il costo del teleriscaldamento andrebbero poi considerati altri elementi: il credito d’imposta girato da A2A agli utenti (9,4 milioni nel 2021) e i benefici sulla Tari garantiti dal termoutilizzatore.
Va poi ricordato che, nonostante gli appelli dei sindaci, da mesi il teleriscaldamento subisce la beffa dell’Iva: gli sgravi del Governo in materia di caro energia hanno infatti escluso il teleriscaldamento dalla riduzione dell’IVA sul gas al 5%.
Gli extraprofitti di A2a
Ma a riprova che a Brescia non ci sarebbero stati incrementi ingiustificati, vi sarebbe l’assenza degli extraprofitti paventati da Arera. Nella semestrale 2022 di A2A si precisa che - in base alle norma del Dl Aiuti - A2A verserà allo Stato 45 milioni di euro (18 già versati, gli altri entro ottobre). Visto che gli extraprofitti sono tassati al 25%, la cifra complessiva si aggira attorno ai 180 milioni. Dove si trovano questi extraprofitti? Non in A2A Calore e Servizi. Quindi non nel teleriscaldamento. Ma in A2A Energia Futura, in Lgh e in A2A Ambiente.
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