Siccità, il lago di Garda ultima trincea nella battaglia dell’acqua

Ormai la mappa dell’emergenza si sta trasformando in un’unica gigantesca macchia a forma di Stivale. Lo sanno le Regioni, lo sa il Governo, lo vedono i cittadini con un colpo d’occhio sui fiumi, ridotti a rigagnoli grigi.
Lo ricordano, continuamente, anche gli agricoltori, sul filo del panico per una stagione che rischia di farli restare a bocca asciutta: avranno il primo raccolto, salvato in extremis grazie al rilascio lento di quei 4 milioni di metri cubi d’acqua prelevati dalle riserve degli operatori idroelettrici. Poi, fine dei giochi. Il de profundis è l’effetto di una crisi climatica che non si è voluta guardare in faccia e che ora, concreta e cruda, presenta il conto. Eccolo: l’acqua è finita.
E se quella salata continua a cavalcare le anse del Po, il risultato sarà tanto catastrofico da parlare di acqua amara. Ecco perché l’ultima trincea di casa nostra si chiama lago di Garda, un tesoretto per il quale i sindaci sono decisi però a salire sulle barricate, a battagliare, per preservarlo. Riuscirebbe il Benaco a fermare il mare? C’è chi, come Anbi (l’associazione regionale dei consorzi) dice essere l’ultima carta rimasta in gioco e chi, come i sindaci e in parte la Regione, è convinto del contrario.
La tesi della «resistenza» è: se usiamo quest’ultima riserva e non riusciamo a sanare la risalita dell’acqua salata nel Po, avremmo semplicemente messo a rischio il lago e, quindi, l’ultima speranza.
Equilibri
La situazione è rovente, su più fronti. L’estate è iniziata ufficialmente solo da tre giorni e già siamo già al terzo anticiclone africano: 35 gradi a giugno sono la norma, al punto che nemmeno i 40 fanno più quasi notizia. Per questo il Governo e la Protezione Civile lavorano per varare uno stato d’emergenza siccità con un decreto che entrerà in vigore probabilmente a luglio.E tra le prime quattro regioni pronte ad accedere - insieme a Piemonte, Emilia-Romagna e Umbria - c’è la Lombardia. L’idea è di varare la misura attraverso un decreto del Consiglio dei ministri e creare una cabina di regia con i governatori dei territori interessati per definire i criteri e gli interventi da adottare.
Spiega il presidente Attilio Fontana: «La cosa più importante è che si agisca in collaborazione con la Protezione civile e ci sia massima attenzione da parte del Governo. L’obiettivo è capire, monitorando costantemente la situazione, come mantenere un equilibrio tra le necessità civili e quelle dell’agricoltura, soprattutto per salvare i prodotti del primo raccolto».
La richiesta dello stato di emergenza ci sarà? «Verrà inoltrata quando i tecnici diranno che si deve procedere in quella direzione».
A secco

A delineare la situazione in modo puntuale ci pensa il report elaborato dall’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche. L’associazione ha infatti avvertito che si profila una drammatica contingenza ambientale ed economica e ha ribadito che è proprio la linea del Garda l’ultima speranza idrica per ristorare l’esangue fiume Po e contrastare la risalita del cuneo salino, che ormai sta arrogantemente e pericolosamente marciando per 20 chilometri all’interno della pianura. Nel grande fiume la portata si è dimezzata nella parentesi di due settimane, scendendo a poco più di 170 metri cubi al secondo.
Per capire di che grado di emergenza stiamo parlando, serve un riferimento: la soglia critica per la risalita del cuneo salino è fissata a 450 metri cubi al secondo. Guardando ai corsi d’acqua, le portate del fiume Oglio sono inferiori del 64%; quelle dell’Adda - nel cui bacino idrografico le precipitazioni sono state finora di 270 millimetri contro una media di 460, sono calate del 67%, quelle del Brembo del 54%, il Serio è a meno 63%.
Tutto questo in un quadro generale che chiede interventi strutturali, guardando al medio-lungo termine, perché quello della siccità è un allarme col quale ci si troverà a fare i conti a lungo. Basti pensare che - stando ai dati dell’Ispra - in Lombardia la desertificazione oggi si attesta al 25%. E non è affatto poco.
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