Sandra, tradita dalla montagna che amava sin da bambina

La grande passione, lo stimolo per migliorarsi, una fonte di solitudine e libertà, il metro per misurare se stessi. In quattro parole la «migliore maestra di vita», come scrisse il 10 febbraio di tre anni fa sulla sua pagina Facebook. La montagna rappresentava tutto questo per Sandra Bianchi, la 26enne di Montecchio di Darfo morta precipitando dal Gran Zebrù. Era molto più che un hobby. La calamita che esercitava un fascino irresistibile su Sandrina, com’era chiamata dagli amici.
La montagna le era necessaria quanto l’ossigeno, un nutrimento dello spirito. Ci dedicava tutto il tempo libero dal lavoro, nella Piadineria del centro commerciale Adamello di Darfo. Una passione maturata fin dall’adolescenza, frequentando il gruppo dei Los Chicos Buenos di Montecchio, fra servizio civico, amore per l’ambiente, esperienze di vita nella natura; consolidata con la dedizione, con le scalate e i corsi per apprendere la tecnica, fino a diventare un’alpinista capace.
«Ma la montagna a volte non perdona: lo ricordavo ogni tanto ai miei ragazzi e alle mie ragazze», dice adesso, commosso, l’animatore e il fondatore dei Los Chicos, Pablo, che nel gruppo ha visto crescere Sandrina e i suoi fratelli Dario e Luca. C’è un’altra sorella, Erika, la maggiore. Sandra, 26 anni, era l’ultima figlia di papà Luciano e mamma Claudia Iannucci. La casa della famiglia Bianchi è in via Giuseppe Giusti, a Montecchio di Darfo. La vita e il lavoro hanno portato i fratelli lontano, com’è normale. Dario vive a Modena, Luca si trova in Nuova Zelanda, Sandrina abitava in paese in una zona periferica. La notizia della tragedia si è propagata in un battibaleno nella frazione, dove si conoscono tutti. Nel pomeriggio di lutto, Dario, nella via centrale del borgo, vicino a casa, è attorniato da alcuni amici. Raccoglie condoglianze, attestazioni di affetto, gesti di conforto. «È andata così, una fatalità, amava tanto la montagna». Condividevano la stessa passione: «Andavamo spesso a scalare insieme». Si era visti pochi giorni fa. Dario scuote la testa e non si dà pace. Squilla il suo cellulare: è il fratello dalla Nuova Zelanda. Deve trovare le parole per condividere il dolore.

«Tutti bravi ragazzi, una famiglia che abbiamo visto crescere. Sandra era una ragazza piena di vita», dicono increduli i vicini di casa. «Che disgrazia, non è giusto morire così e a quell’età». Sandra amava postare su Facebook le foto delle sue imprese. Bella, giovane, sorridente. Commentava le immagini con frasi che rappresentavano la sua filosofia di vita. Come questa, del gennaio 2019, quasi un sinistro presagio: «Si muore in A4 con lo smartphone in mano, si muore in bici, si muore di infarto e di cancro a 30 anni. C’è chi muore facendo il proprio lavoro e con un sistema malato che ti continua a stimolare al consumo materiale. Si muore sullo slittino e sui sentieri, si muore per dispiacere di qualcun altro che è morto... ma questa è la vita. L’importante è viverla facendo ciò che ti fa felice e viverla con chi è felice di poter stare al tuo fianco in ogni situazione». Oppure, accanto alla sua foto al Corno di Grevo: «Abbiamo due gambe per andare dove vogliamo, non per essere radicati in un solo posto tutta la vita».
Passeggiate, escursioni, nottate in tenda, feste in piazza, vita all’aria aperta sulle rive dell’Oglio o in montagna: Pablo ricorda con emozione e tenerezza gli anni di Sandrina (e dei suoi due fratelli) fra i Chicos Buenos. Ragazzi cresciuti in simbiosi con tanti altri del paese, che avevano fatto del negozio di parrucchiere di Pablo il loro punto di riferimento. «Di Sandrina - dice - mi resteranno impressi il sorriso e la voglia di vivere. Era sempre allegra, in forma fisica, pronta ad una nuova avventura in vetta. Si era innamorata della montagna con noi e non è più scesa». Un altro pensiero di Sandra: «Si raggiungono le vette passo dopo passo, senza mai fermarsi... così sono i nostri giorni e la nostra vita. Mai arrendersi, guardare il futuro con la speranza nel cuore e dire: "Anche questa volta ce l’ho fatta"». Ieri la sorte ha voluto diversamente.
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