Rigenerazione urbana, Brescia e i cento sogni nel cassetto: nessuno sarà realizzato
Fino a qualche tempo fa l’aspirazione di alcuni comuni bresciani era di entrare in Trentino. Da un paio di giorni il sogno per i municipi sembra essere un altro: l’annessione alla Campania, alla Calabria, o a un’altra regione del Sud Italia. Lo ha dichiarato più di un sindaco: dopo la provocazione del cainese Cesare Sambrici è arrivata quella di Flaviano Mattiotti che con ironia ipotizza un cambio di nome da «Manerba del Garda» a «Manerba Jonica».
Provocazioni, certo, ma frutto di un senso di ingiustizia con il quale gli amministratori locali non sono più disposti a convivere.
Soltanto dei «no»
Il torto è stato subìto dai comuni del Nord che hanno partecipato al bando nazionale per la rigenerazione urbana finanziato con i fondi del Pnrr. Anche per i municipi bresciani sono arrivati soltanto dei «no». Dei «no» che fanno male a intere comunità: significano sogni in frantumi, progetti che resteranno chiusi nel cassetto. E si tratta di scuole, palazzi, piazze, cascine, poli di aggregazione, parcheggi, palestre e quant’altro.
A presentare domanda erano stati in ventotto tra municipi e altri enti che hanno chiesto uno o più finanziamenti in forma singola oppure associata. Parliamo di Adro, Bagnolo, Borgo San Giacomo, Castenedolo, Coccaglio, Darfo, Edolo, Flero, Ghedi, Gottolengo, Iseo, Lonato, Lumezzane, Manerba, Manerbio, Montichiari, Nave, Orzinuovi, Palazzolo, Passirano, Rezzato, Roncadelle, Rudiano, Tavernole, Villa Carcina, Vobarno, l’Unione antichi borghi di Vallecamonica, la Comunità montana del Parco Alto Garda.
Soltanto undici degli oltre cento progetti inviati al Ministero dell’Interno hanno superato la prima fase. E purtroppo anche questi, dopo l’ulteriore scrematura, sono stati scartati. Sicché anche quei 6 milioni di euro che sembravano avere preso la via di Brescia non arriveranno mai. Briciole rispetto a un bando da 300 milioni, ma pur sempre meglio di niente.
Rivedere i criteri
A risultare fatale è stato quell’«indice di vulnerabilità sociale e materiale» giudicato troppo vago e indefinito da non pochi tra i nostri amministratori locali: «Tanto valeva fare un bando appositamente per il Sud», ripetono in molti. Anche il governatore Attilio Fontana l’altro giorno aveva usato parole molto dure: «Il cosiddetto "indice di vulnerabilità", ovvero il criterio che determina la graduatoria per destinare le risorse, premia le regioni del Sud a discapito di quelle del Nord, in primis la Lombardia. Con il nuovo Governo siamo sicuri che questo modello sarà rivisto per garantire una distribuzione equa dei fondi del Pnrr».
A portare a casa la fetta maggiore dei contributi è stata la Campania con 551 milioni spalmati su 439 enti. Seguono la Sicilia (395 milioni per 334 progetti), la Puglia (338 milioni per 236 enti), la Calabria (294 milioni per 368 enti) e le Marche (192 milioni per 234 enti). Tutte le altre regioni sono rimaste a bocca asciutta, ossia non hanno visto il becco di un quattrino. E un po’ ovunque la mancata rigenerazione ha generato rabbia.
Sulla vicenda interviene anche il neo deputato Gian Antonio Girelli (Pd): «Gli enti virtuosi non possono essere penalizzati nei bandi nazionali: è quindi urgente rifinanziare il fondo sulla rigenerazione urbana». I parametri di assegnazione dei bandi, aggiunge, «vanno modificati e l’indice di vulnerabilità va ricalibrato; in caso contrario la maggior parte dei comuni italiani non parteciperà agli avvisi pubblici perché sicuro di venire escluso.
Questo problema va affrontato fin dalla prossima legge di bilancio. Ricordo però agli amici leghisti che facevano parte del Governo Draghi come ora fanno parte del Governo Meloni e che governano ininterrottamente la Lombardia da trent’anni, che non possono scaricare le responsabilità sugli altri».
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