Rientro a scuola, molti presidi vogliono la Dad: «Rischio caos»
Qualcuno riprenderà già stamattina, altri dovranno attendere lunedì per tornare sui banchi di scuole. Non solo, vista la crescita continua dei casi, un gruppo di presidi, preoccupati dalla difficile gestione, ha lanciato una petizione per chiedere di posticipiare il rientro in classe applicando la didattica a distanza.
La ripresa, dopo la pausa natalizia, è in «ordine sparso» per le 143 istituzioni scolastiche (e 769 plessi) di ogni ordine e grado della città e della provincia e per i circa 150mila studenti che le frequentano. Un dato disomogeneo sia perché vi sono istituti, specie nella primaria, che praticano la settimana corta, sia perché le scuole possono decidere come utilizzare i giorni a loro disposizione in base al principio dell’autonomia scolastica.
Come spiega il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale, Giuseppe Bonelli «chi fa scuola cinque giorni alla settimana riapre il 10, perché ha messo il 7 gennaio tra i cinque giorni di chiusura che il calendario regionale lascia all’autonomia scolastica; chi invece fa i sei giorni, dovendo usarne due per quest’ultimo ponte, dovrebbe aprire domani (oggi per chi legge, ndr); sono quasi tutte le statali del secondo ciclo, mentre le paritarie, che di solito hanno i 5 giorni settimanali, apriranno si presume lunedì».
In parecchi casi pesa, nella decisione di posticipare il ritorno in classe a lunedì, il clima di incertezza ed in particolare le assenze del personale docente, che si prospettano numerose. Centinaia di insegnanti, infatti, mancheranno all’appello tra quanti non hanno voluto adempiere all’obbligo vaccinale e quindi vanno incontro alla sospensione (si parla di un 3-4%, quindi intorno ai 500 su un totale di 15mila nell’organico provinciale) e coloro che, invece, risulteranno assenti in quanto positivi al Covid oppure in quarantena perché contatti stretti; e non vanno dimenticate, naturalmente, le malattie di stagione.
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I dati non sono quantificabili con precisione, ma tali da mettere in allarme i presidi e da far ipotizzare, appunto, un possibile ritorno alla Dad, seppure parziale e temporanea. La petizione online, che in pochi giorni ha raccolto più di 2mila firme, chiede al Governo un posticipo di due settimane del rientro in classe. Sono 15 presidi promotori, a livello nazionale, di una misura precauzionale da prendersi – sostengono - in considerazione di una «situazione ingestibile» nella scuola per l’elevato numero dei contagi e l’escalation di assenze tra il personale scolastico.
All’appello hanno aderito finora una ventina di dirigenti di istituti bresciani: gli Ic di Nuvolento, Orzinuovi, Calvisano, Gottolengo, Gargnano, Pontevico, Prevalle, Pontoglio, Cellatica e Collebeato, Lonato, Montalcini Montichiari e gli Iis Pascal Mazzolari Manerbio, Einaudi Chiari, Primo Levi Sarezzo, Capirola Leno, Olivelli Putelli Darfo, Meneghini Edolo, Dandolo Bargnano di Corzano.
Sull’iniziativa non c’è unanime condivisione. «La Regione – chiarisce il provveditore Bonelli - ha sempre la possibilità di dichiarare chiusure anche per singole zone, come pure i sindaci per i propri Comuni».
Riapre comunque questa mattina l’Iis Antonietti di Iseo, dove l’organico di 160 docenti e 40 operatori Ata risulta carente di una decina di unità. Spiega il dirigente Diego Parzani, del tutto contrario a rimandare la ripresa delle attività davanti ai «danni sia psicologici, sia nell’apprendimento» causati da un anno e mezzo di didattica a distanza: «Abbiamo tre persone, due docenti e un Ata, sospesi per mancato obbligo vaccinale, più sette insegnanti assenti perché positivi o contatti stretti. Riusciamo a governare il problema grazie al nostro sistema "R", ossia recupero dei minuti persi con la riduzione oraria: in pratica 24 unità orarie nell’anno, che eccezionalmente faremo coprire ai docenti già in questi mesi».
Ancora, rileva il dirigente, non sono chiare le nuove regole sulle quarantene. Il nuovo decreto fa distinzione degli studenti in base al vaccino e prevede di mandare in Dad solo i non immunizzati: una misura che, da più parti, viene ritenuta «discriminatoria» nei confronti dei ragazzi. «Il rischio a mio avviso, più che di discriminazione - afferma Parzani –, è che tutti coloro che saranno costretti ad andare in Dad per un lungo periodo, non frequentando anche l’alternanza scuola-lavoro, possano fare ricorso a fronte di un insuccesso scolastico. In attesa di circolari esplicative, noi ci atteniamo all’ultimo protocollo».
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