Rientri dal Regno Unito: un bresciano positivo

Sono 230 le persone che hanno segnalato all’Ats di essere state in Gran Bretagna
Londra semideserta: uno scorcio della capitale inglese in questi giorni - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Londra semideserta: uno scorcio della capitale inglese in questi giorni - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
AA

Duecentotrenta «autosegnalazioni» ed un caso di positività al coronavirus. Questo il bilancio bresciano aggiornato al pomeriggio di ieri della campagna di controlli mirati, imposta dal Ministero della Salute, sulle persone rientrate in Italia dopo aver soggiornato o essere transitate nel Regno Unito dal 6 dicembre scorso.

Com’è noto, chi è rientrato da Gran Bretagna e Irlanda del Nord, in virtù dell’ordinanza del Ministero dello scorso 20 dicembre deve segnalare all’Ats competente l’avvenuto rientro sul territorio nazionale. Per i cittadini bresciani (o meglio per quelli residenti nel territorio di competenza dell’Ats Brescia) la comunicazione va effettuata via Internet utilizzando il modulo di autodichiarazione disponibile sul sito di Ats Brescia.

A ieri, dunque, i bresciani che hanno segnalato la propria posizione sono 230, quaranta in più rispetto al totale del giorno precedente. Tutte queste persone vengono contattate dall’Ats perché vengano sottoposte al tampone molecolare. Ebbene, tra i bresciani che hanno effettuato il test molecolare, uno è risultato positivo al coronavirus e sarebbe sintomatico.

Resta da stabilire se il cittadino bresciano contagiato sia positivo alla cosiddetta «variante inglese» del Sars Cov-2: per arrivare a questa conclusione (o per escluderla) occorre effettuare ulteriori indagini, che richiedono in genere un paio di settimane; si deve infatti procedere sequenziando il genoma del virus «catturato» con il tampone. Solo da questa attività in laboratorio si potrà quindi capire se la «variante inglese» è arrivata nel Bresciano. Un eventuale arrivo che, come è stato sottolineato in questi giorni dagli esperti, non sembra preoccupare sul versante della gravità o letalità della malattia causata dal virus, quanto su una sua maggiore trasmissibilità e superiore velocità di contagio, con quello che ne consegue per il rischio di intasare i pronto soccorso ed i reparti Covid degli ospedali.

Proprio quel rischio che si vuole evitare nel momento in cui sta per prendere il via la massiccia e fondamentale campagna vaccinale che impegnerà per mesi le strutture sanitarie del nostro Paese. C’è poi il timore che varianti come questa possano rendere meno efficaci i vaccini che da domenica cominceranno ad essere somministrati in tutta Europa, anche se su questo per ora gli esperti sono ottimisti.

Per il presidente dell'Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) Giorgio Palù, vi è un «allarme eccessivo» rispetto alla variante inglese, e i dati iniziali del vaccino «indicano che è valido anche per questa nuova variante inglese del virus». Teoria confermata anche dalla stessa Pfizer, l’azienda farmaceutica statunitense che ha sviluppato insieme a Biontech il primo vaccino sinora approvato. «Ci sono dei test in corso, iniziati la settimana scorsa, - spiega Valentina Marino, direttore medico di Pfizer Italia -. Visto che la variante diffusasi nel Regno Unito corrisponde a un paio di mutazioni della proteina spike, sembrerebbe improbabile che possano andare a inficiare l’efficacia del vaccino».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato