Precipitò all'Airshow, prosciolto

Il gup dichiara il non luogo a procedere nei confronti di Paolo Castellani. La morte di Marzio Maccarana non può essergli addebitata.
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Si è sempre difeso sostenendo che nulla poteva prevedere, né evitare: fino all'ultima manovra fatale, Marzio Maccarana aveva chiuso evoluzioni perfette con il suo velivolo e nulla lasciava presagire l'errore che gli è costato la vita. Anche avesse avuto la sfera di cristallo, in ogni caso, non avrebbe avuto tempo e modo di impedire la tragedia. In sette secondi, e non potendo disporre di comandi autonomi, non sarebbe riuscito ad evitare lo schianto che è costato la vita al 26enne pilota nel corso dell'Air Show del settembre 2009 a Montichiari, e a lui un'incriminazione per omicidio colposo.


Le ragioni di Paolo Castellani, piacentino con un passato da pilota dell'aeronautica e da istruttore di volo, a bordo del velivolo pilotato dal 26enne bresciano morto il 6 settembre del 2009, sono state accolte dal giudice dell'udienza preliminare Luciano Ambrosoli.
Ieri il gup ha infatti pronunciato il non luogo a procedere nei confronti del superstite di quella tragedia aerea perché il fatto, così come contestato dal sostituto procuratore Carla Canaia, ovvero l'omicidio colposo per condotta omissiva, non sussiste.


Ventotto mesi dopo l'incidente, avvenuto sotto gli occhi di centomila persone e ripreso in diretta dalle telecamere di Teletutto, si chiude la vicenda processuale. La morte di Maccarana alla cloche del Cap10, precipitato ad una velocità ben oltre i 200 km/h, non è dipesa da chi era seduto al suo fianco e che è miracolosamente uscito vivo dalla carcassa fumante del velivolo precipitato in sette secondi.


Le inchieste condotte dall'Enav e dalla Procura della Repubblica sono arrivate ad escludere una causa tecnica dell'incidente. L'aereo, un biposto capace di una velocità di crociera di 270 km/h, era correttamente mantenuto e non palesava alcun tipo di problematica.
La conclusione per l'Ente nazionale dell'aviazione e per il sostituto procuratore è stata unanime: a causare lo stallo fu l'errata manovra di chi lo conduceva. Un evento, stando almeno alle conclusioni rassegnate dal consulente del pubblico ministero, però evitabile. Per l'accusa infatti Paolo Castellani avrebbe avuto modo e tempo di impugnare la cloche e correggere la traiettoria imposta al velivolo da chi lo pilotava e quindi evitare lo schianto con le sue mortali conseguenze.


Il 58enne pilota piacentino, come ha ribadito al giudice dell'udienza preliminare il suo difensore, l'avv. Marco Capra, non aveva alcun obbligo giuridico in quella circostanza. Castellani era a bordo solo ed esclusivamente come passeggero, non manovrava il mezzo, né stava impartendo una lezione a Maccarana.


I sette secondi intercorsi dall'uscita dall'ultima manovra riuscita allo schianto, secondo la difesa del 58enne piacentino, non erano sufficienti in quelle condizioni per prendere il comando del biposto e «raddrizzarlo». Ammesso fossero bastati Castellani, che passò alcuni giorni in ospedale in seguito allo schianto, avrebbe dovuto vincere la resistenza del pilota. I comandi del Cap10 sono sì doppi, ma solidali. Il 58enne piacentino avrebbe dovuto strapparli letteralmente di mano a Maccarana per riportare l'aereo in condizioni di sicurezza. Troppo difficile non solo per riuscirci, ma anche per finire a processo.

pi. pra.

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