Perché #losapevamotutte del femminicidio di Giulia Tramontano

L'hashtag diventato virale sui social parte dalla giornalista bresciana Ilaria Dondi: «Ora serve una responsabilità degli uomini»
Giulia Tramontano, uccisa dal compagno
Giulia Tramontano, uccisa dal compagno
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«Che Giulia Tramontano fosse morta ammazzata dal fidanzato e padre del neonato che portava in grembo lo sapevamo tuttx». Comincia così un post che nelle scorse ore è stato condiviso decine di volte e che meglio di tanti altri è stato in grado di riassumere in poche righe la denuncia collettiva del fenomeno sistemico che sta dietro al femminicidio della 29enne a Senago, in provincia di Milano.

Post virale

L’autrice è Ilaria Maria Dondi, giornalista bresciana e direttrice del magazine online Roba da Donne. La riflessione di Dondi si è subito diffusa insieme all’hashtag #losapevamotutte, che in 24 ore è stato rilanciato su diversi social e da molti nomi noti tra i quali l’influencer Chiara Ferragni.

«Credo che il post abbia ricevuto questa risonanza perché ha toccato un discorso che si fa poco - spiega Dondi -: quando ci troviamo di fronte a una donna che scompare è molto vero che lo sappiamo bene tutte e tutti. Difficilmente pensiamo a un allontanamento volontario. Quando una donna di colpo non c’è più, sai già cosa è successo. Quando poi salta fuori una vita parallela come quella di Alessandro Impagnatiello è subito chiaro. È una cosa che non puoi dire giornalisticamente parlando, perché devi attenerti ai fatti e ottenere riscontri. Ma lo sapevamo tutte com’era andata e questo dice la portata di un fenomeno come il femminicidio. Che non è la retorica della tragedia o del raptus, né un evento straordinario: è la norma ed è un discorso culturale che ci espone tutte al rischio».

Basta silenzio

E così, davanti alla 41esima uccisione di una donna in ambito familiare e affettivo dall’inizio del 2023, c’è una fetta di popolazione che non resta in silenzio e si fa sentire. Persone che via social prendono le distanze dall’idea di possesso e prevaricazione che troppo spesso condiziona le relazioni e sottolinea la necessità di un’educazione sentimentale libera da pregiudizi sessisti. Le stesse che dopo il post di Dondi hanno ribadito il loro rifiuto della logica secondo cui davanti alla violenza di genere la responsabilità della prevenzione ricade sulle donne, le vittime, invece che sugli uomini.

Educate i vostri figli

«Educate i vostri figli» è la replica di molti utenti su Instagram, che contestano la responsabilizzazione delle donne quando muoiono ammazzate. Il problema però è che questo discorso resta prevalentemente oggi un problema delle donne. Sottolinea Dondi: «In questo dibattito dopo i femminicidi manca sempre la parte che più sarebbe interessata, cioè gli uomini. Qualcuno si unisce alle voci femminili, ma non c’è una responsabilità di genere. La maggior parte degli uomini tende a difendersi dicendo cose come "non ho mai picchiato nessuno" o "non tutti gli uomini sono così", ma è il minimo sindacale. Invece dovrebbero iniziare a pensare che sì, in una società maschilista non ci sono i bravi ragazzi insospettabili che di colpo uccidono la loro compagna per mancanza di strumenti culturali. È il momento di acquisirli e smettere di fare incontri sulla violenza contro le donne solo fra donne. Che gli uomini si assumano una responsabilità di genere e comincino a fare tavoli sul tema anche loro».

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