Perché non pubblichiamo dettagli sui due fratelli di Polaveno

Anna Masera
In risposta alla lettera di un lettore, spieghiamo le motivazioni della scelta del Giornale di Brescia
Mezzi dei carabinieri a Polaveno - © www.giornaledibrescia.it
Mezzi dei carabinieri a Polaveno - © www.giornaledibrescia.it
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Un lettore ci ha scritto per sapere perché non riportiamo i nomi dei ragazzi arrestati per il tentato omicidio della sorella a Polaveno. Qui di seguito, per completezza, la sua lettera e la risposta del Giornale di Brescia.

«Come molti sono stato colpito dalla vicenda dei due fratelli che insieme hanno cercato di uccidere la sorella di pochi anni più grande. In famiglia leggiamo da sempre il "nostro" giornale e naturalmente ho seguito tutte le vostre cronache. Quando vi occupate di cronaca nera trovo normalmente i nomi e i cognomi delle persone coinvolte, quindi mi chiedo perché questa volta non abbiate mai scritto i nomi dei due arrestati. Non siete riusciti a informarvi? Io abito in Valtrompia e so per certo che nel loro paese come in molti dei centri della zona tanti sanno di chi si tratta. Una notizia non dovrebbe sempre essere data con completezza?»

Questa bella lettera mi offre l'opportunità per salutare le lettrici e i lettori del Giornale di Brescia. Questa tragica vicenda offre spunto per un approfondimento sulla deontologia giornalistica nell'era dei social. Purtroppo, ormai nella gara ad apparire più informati, c'è chi pubblica dati e immagini senza filtro di minorenni coinvolti in fatti di cronaca nera, raccontando dettagli pruriginosi senza scrupoli. Questo giornale ha scelto di non farlo, e vi spieghiamo perché.

La legge sulla privacy e il codice di deontologia consentono nell'esercizio dell'attività giornalistica di diffondere dati personali anche senza il consenso degli interessati, a patto che ciò avvenga nel rispetto del diritto di cronaca e in particolare di quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Il dovere dei giornalisti di rispettare princìpi generali sul trattamento corretto dei dati personali è affermato nelle leggi e nelle carte deontologiche che dal 1948 ad oggi disciplinano il nostro settore e costituiscono l'essenza di una corretta e professionale attività giornalistica. 

Per la tutela dei minori ricordiamo la Carta deontologica di Treviso, firmata nel 1990 e integrata da un vademecum nel 1995 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono Azzurro, secondo cui i giornalisti devono evitare di pubblicare qualsiasi elemento che possa portare ad identificare un minore coinvolto in procedimenti giudiziari, sia esso un dato (generalità dei genitori, indirizzo di casa, scuola, ecc.) sia esso una fotografia o un filmato. Il documento è stato aggiornato nel 2006 estendendo la tutela dei minori ai mezzi di comunicazione digitali, e nel 2012 i firmatari hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per la promozione e la diffusione dei principii contenuti nella Carta, che dal 2016 è parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista»

Non tutti i mezzi di comunicazione rispettano la deontologia. Noi ci sforziamo di farlo sempre. E speriamo che le nostre lettrici e i nostri lettori apprezzino.

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