Lavoro ai rifugiati, Regione in campo per favorire l’incontro con le imprese

Un cammino in tre tappe. Innanzitutto corsi base di lingua italiana e di alfabetizzazione, quindi formazione (alternando la teoria in aula e la pratica nelle imprese) e infine l’inserimento lavorativo. È il percorso che la Regione sta preparando per offrire un’occupazione ai richiedenti asilo nei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e nei Sai (Sistema di accoglienza e integrazione).
Il lavoro come strumento di integrazione, autonomia economica e affermazione di dignità per i rifugiati con la possibilità di trasformare l’emergenza immigrati in opportunità per il sistema produttivo affamato di manodopera.
Imprese
«Si partirà dai bisogni delle imprese per cercare i profili giusti fra le persone ospitate dai Centri di accoglienza», sottolinea l’assessora regionale alla Formazione, Simona Tironi, che da mesi sta calibrando questo provvedimento. Una «misura» di emergenza lavoro per i richiedenti asilo finanziata dalla Regione, che Tironi intende rendere operativa entro la fine del prossimo mese. Il progetto coinvolge, nei rispettivi ruoli, i Centri per l’impiego e gli enti di formazione regionali. Nei giorni scorsi, in un incontro in prefettura, l’assessora ha anticipato i contenuti del provvedimento al prefetto Maria Rosaria Laganà e ai rappresentanti delle categorie economiche bresciane presenti. Un’anteprima, visto che Tironi illustrerà il progetto domani, martedì, ai prefetti lombardi.
Anteprima
C’è una ragione precisa per questo anticipo. L’estate scorsa il prefetto di Brescia ha inviato ai Cas e ai Sai un questionario da distribuire ai mille e settecento ospiti per raccogliere la loro disponibilità a cominciare un percorso di avviamento al lavoro.
Una ricognizione complessa anche per rilevare le competenze dei singoli, i titoli di studio, le attitudini. Subito la prefetta ha trovato la collaborazione di Confindustria. Centinaia le risposte ricevute. Dopo la prima scrematura sono rimaste sul tavolo 250 candidature, da sottoporre a ulteriore selezione. Nel frattempo all’iniziativa hanno aderito anche altre categorie. In particolare, Confindustria, i Costruttori edili e le associazioni degli agricoltori sono disponibili a prendere in carico un certo numero di stranieri, che prima di essere collocati nelle aziende devono essere formati. Un numero fra i settanta e i cento. Ci sarebbe, appunto, il problema della formazione e di tutti gli altri adempimenti burocratici e amministrativi.
Impiego

Nell’incontro Simona Tironi ha illustrato la prossima misura regionale, che supera la proposta confezionata in casa nostra. «A Brescia - spiega l’assessora - potrebbe partire la sperimentazione del progetto, attingendo ai profili già selezionati, che comunque dovranno essere vagliati dai nostri Centri per l’impiego». Questi ultimi avranno un ruolo centrale. «Dovranno verificare le caratteristiche dei candidati, capire chi sono, cosa sanno fare, controllare profili e competenze. Poi - continua Tironi - incroceremo questi dati personali con le richieste delle associazioni datoriali a cui abbiamo domandato di segnalarci i settori che hanno bisogno di manodopera». Nel caso di corrispondenza, si dovrà cominciare l’opera di formazione a stretto contatto con le imprese, «con una alternanza fra le lezioni teoriche e la parte pratica».
In questo percorso, sottolinea l’assessora, «sarà fondamentale il ruolo del Terzo settore». Nel Bresciano i Centri di accoglienza sono gestiti da cooperative sociali, in prima fila nell’impegno per garantire dignità e servizi agli immigrati. I loro operatori sono un tramite prezioso fra gli ospiti e il mondo esterno. Del resto, alcuni richiedenti asilo arrivati a Brescia nelle ondate precedenti a quella dell’estate scorsa lavorano in cooperative.
Edilizia
L'edilizia, insieme all’agricoltura e all’industria è il settore più bisognoso di manodopera. Da tempo, per la verità, sui cantieri bresciani lavorano stranieri richiedenti o titolari di protezione internazionale. Una possibilità resa concreta dall’Eseb (l’Ente sistema edilizia Brescia), che dal 2021 in avanti ha promosso diversi corsi di formazione riservati. Un primato nazionale tutto bresciano per il settore, un modello che ha anticipato un simile progetto a livello nazionale. Si tratta di corsi strutturati, dove si insegnano l’italiano, le norme di sicurezza, la manualità, le tecniche del mestiere. Profughi provenienti da Somalia, Tunisia, Costa d’Avorio, Marocco, Bangladesh, Mali e Pakistan. Diventati manovali e assunti nei nostri cantieri in attesa di ricevere una risposta sulla loro richiesta di asilo. Ci vogliono anche tre anni. Nel frattempo possono almeno godere la dignità del lavoro.
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