Lavoro ai rifugiati: Confindustria valuta i primi 800 curriculum

Ieri al tavolo in Prefettura le associazioni di categoria Inps, Inail e Terzo Settore. Il via già entro novembre
MIGRANTI, 800 CURRICULA PER IL LAVORO
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Ottocento curriculum per inquadrare il primo gruppo di richiedenti asilo che, già a partire dai mesi di ottobre e novembre, potrà accendere al progetto pilota di inserimento lavorativo lanciato da Confindustria Brescia con la Prefettura. Parlare di curriculum è forse ottimistico. Si tratta in realtà di questionari compilati dagli ospiti dei circuiti Cas e Sai per mettere nero su bianco informazioni personali di base: dalla conoscenza della lingua alla predisposizione al lavoro, dalle intenzioni di permanenza alle competenze acquisite nei Paesi di origine. Informazioni che serviranno a Confindustria per costruire, già dai prossimi giorni, un database cui attingere per selezionare soggetti da formare e avviare al lavoro. Perché questo è l’obiettivo dell’ambizioso e meritorio progetto che, dalla fase embrionale di appena poche settimane fa, ha già raggiunto un primo stadio di sviluppo.

Ieri, infatti, al tavolo presieduto dalla prefetta Maria Rosaria Laganà, hanno partecipato il vicepresidente di Confindustria Brescia, Roberto Zini, e rappresentanti di Questura, Ispettorato del Lavoro, Inps e Inail, Ance, Apindustria, Associazione Artigiani, Confartigianato, Cna, Coldiretti, Unione Provinciale Agricoltori, Confesercenti, Confcommercio, Confcooperative e Federalberghi. Una risposta corale e articolata ad un’iniziativa che punta a trasformare la questione migranti in una risorsa a beneficio dell’economia locale e del tessuto sociale. «È un’iniziativa importante - ha sottolineato la prefetta Laganà - perché si fonda su una positiva sinergia tra istituzioni e associazioni di categoria e consente, al tempo stesso, di valorizzare le risorse di un territorio ricco di sana imprenditorialità e di offrire un significativo contributo per l’inserimento nel tessuto sociale e lavorativo degli stranieri che giungono nel bresciano. Sono convinta che sia una strada su cui proseguire con impegno e che porterà positivi riscontri».

I passaggi

Il tavolo sull’inserimento lavorativo dei migranti - © www.giornaledibrescia.it
Il tavolo sull’inserimento lavorativo dei migranti - © www.giornaledibrescia.it

Spiega Roberto Zini di Confindustria: «Ci sono state consegnate 800 schede che esamineremo nel dettaglio. Come primo step andremo ad identificare delle macrocategorie, suddividendo gli aspiranti lavoratori per aree di possibile impiego: industria, servizi, agricoltura ed edilizia. Per i soggetti individuati servirà il vaglio della Questura. Poi partiremo: puntiamo a riunire in un’aula i primi 25 giovani già da ottobre o novembre, concentrando la formazione su tre aspetti: la lingua italiana, l’educazione civica e la sicurezza sul lavoro per non mandarli allo sbaraglio».

Criticità e ostacoli

A fronte di una risposta partecipe di tutti i soggetti presenti ieri al tavolo, non è mancato un confronto produttivo e aperto sulle possibili criticità e sugli ostacoli da superare perché il progetto Brescia cresca, si sviluppi e sia davvero efficace. A focalizzare i principali limiti è stato Alberto Festa di Confcooperative: «L’alfabetizzazione non basta ad avvicinare il mondo dei migranti e delle imprese, serve infatti una mediazione culturale fatta anche nelle aziende e nei contesti di lavoro. Le differenze cultuali sono fonte di rischio in un ambiente di lavoro e di tensione fra colleghi. C’è poi il problema della casa, che va risolto senza creare strutture ghetto. Ci sono poi altri nodi amministrativi non di poco conto, come l’obbligo di rientro nei Cas la notte che preclude la possibilità di fare turni in fabbrica. La Prefettura si è detta disponibile a lavorare su questi temi, mentre noi ci mettiamo a disposizione sul fronte della mediazione».

A preoccupare i rappresentanti di categorie diverse sono questioni diverse. Per Federalberghi, forte di precedenti esperienze già a partire dal 2016/2017, ci sono le questioni lingua e stabilità: «Siamo affamati di manodopera - conferma Roberto Gosetti - ma le valutazioni da fare sono molteplici. Nelle nostre esperienze passate sono emerse criticità, come la mancanza di mezzi per spostarsi e la tendenza dei migranti a trasferisti all’improvviso per le più svariate ragioni». E se per Coldiretti il problema alloggio potrebbe essere secondario, restano quello linguistico e dell’educazione civica. Ma Antonio Zanetti è fiducioso: «Se faremo gioco di squadra non potranno che emergere esperienze positive».

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