La povertà e la solitudine non sono migliorate dopo la pandemia
Il cibo e i vestiti (specialmente per i bambini), un alloggio adeguato alla famiglia, i farmaci e le visite mediche, il supporto scolastico (la lingua italiana per i figli degli immigrati, gli strumenti informatici per la didattica a distanza), un lavoro decoroso, l’aiuto per compilare le pratiche online. Ma soprattutto la compagnia. La povertà ha tanti aspetti materiali, sociali, economici. In cima alla lista dei bisogni c’è il sostegno psicologico contro la solitudine. La richiesta di vicinanza, di una semplice presenza per parlare, condividere pensieri e problemi, per coltivare un rapporto umano. Le emergenze che il Covid aveva fatto esplodere sono rimaste. Alle vecchie povertà si sono aggiunte quelle nuove, aumentando la fetta di popolazione bresciana che vive sul confine dell’esclusione sociale.
A rilevarlo è lo studio del Cerisvico dell’Università Cattolica (Centro di ricerca sullo sviluppo di comunità e i processi di convivenza), commissionato da Comune di Brescia, Caritas, Croce Rossa, Cauto-Maremosso.
Lo studio
I primi risultati sono stati presentati ieri nella sede del Csv (Centro di servizio per il volontariato) di via Salgari in occasione della Giornata mondiale per l’eradicazione della povertà, istituita nel 1992. «Volontariato: accanto ai poveri» era il titolo dell’incontro. Presenti numerose associazioni, che hanno portato testimonianze concrete sul lavoro svolto sul territorio a favore di chi è nel bisogno. «La povertà - ha sottolineato Giovanni Vezzoni, presidente del Csv - è un tema che la politica si rifiuta di affrontare. Eppure è in costante aumento. Negli ultimi anni da una parte è cresciuta la povertà estrema, dall’altra la ricchezza estrema». Disoccupazione, lavoro povero/precario, inflazione spingono le disuguaglianze.
Le forme di povertà
La povertà ha molte variabili. Non si misura soltanto con il reddito, ha spiegato Daniela Marzana, ricercatrice di Cerisvico-Università Cattolica. Riguarda la qualità di vita complessiva della persona: la sofferenza economica, ma anche la posizione sociale e le condizioni materiali. Non si esce dalla povertà con un semplice contributo in denaro. La povertà porta con sé bisogni psicologici, educativi, di reinserimento che vanno affrontati. «Innanzitutto bisogna dare voce ai protagonisti», ha sollecitato Marzana. Conoscere la storia di ciascuno, che «unisce sempre questioni individuali e sociali». È fondamentale, per il recupero, ripristinare nella persona la fiducia in se stessa, costruire legami, promuovere le reti di sostegno, dal terzo settore alla famiglia.
La solidarietà dal basso
La ricerca curata dalla Cattolica ha preso le mosse dall’esperienza compiuta durante la pandemia, quando in città e provincia si sviluppò una grande solidarietà spontanea e organizzata per rispondere ai bisogni primari dei più fragili.
«Una grande attivazione dal basso», ha riconosciuto Marzana. A cui si vuole dare continuità, conoscendo meglio i bisogni. Non il cibo, ma la solitudine è al primo posto nella scala delle emergenze. «Spesso - ha spiegato Marzana - il pacco di alimentari consente alle famiglie di risparmiare il necessario per pagare la bolletta, ma è anche un pretesto per cominciare a costruire una relazione con chi è solo». L’aggregazione, la compagnia, la vicinanza: il bisogno di supporto psicologico si è moltiplicato con l’isolamento della pandemia e l’aumento delle disuguaglianze sociali.
«La lotta alle povertà - ha chiosato l’assessore in Loggia al Welfare, Marco Fenaroli - va fatta tutti insieme. La strada della coprogettazione avviata fra Comune e terzo settore è quella giusta».
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