«Io in Bosnia a tendere la mano a vite sospese»
Ha visto laureati e poliziotti scappati dai regimi vivere in completa povertà, giovani che sperano di avere un visto per entrare in Europa che languiscono in un bosco, bambini poverissimi che da mesi vivono in non-luoghi. Vite sospese. Senza che per loro ci sia futuro, un progetto.
Paola Gallarotti è un’imprenditrice della città che è appena tornata da una missione umanitaria in Bosnia tra i profughi provenienti da Iran, Iraq, Pakistan, Afghanistan, fermati al confine europeo.
Persone che non vivono nemmeno nei campi gestiti dalle istituzioni e nei quali operano alcune organizzazioni internazionali, ma in quelli creati nei dintorni da persone che sono state rifiutate da quelli «ufficiali» che vivono in tende di plastica o in catapecchie fatiscenti. La bresciana ha contattato l’associazione bergamasca «Mesa popular» dopo aver letto sul nostro quotidiano della missione di Barbara, una giovane di Pralboino, e dell’impegno del sodalizio.
«Sono sempre stata impegnata nel sociale - racconta - e dopo aver letto quell’articolo ho telefonato e ho avuto questa opportunità meravigliosa». Emozionante, ma anche scioccante. Paola Gallarotti ha visto gli sguardi dei giovani che vivono in condizioni al limite: «Mi chiedo come sia possibile vivere così - dice - questi giovani sono bloccati fuori dall’Europa, ma cercano di attraversare il confine con il cosiddetto "Game", sfidando la sorveglianza della polizia».
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Un «gioco» che spesso finisce male e, se si è minimamente fortunati, porta «solo» botte e lividi. Ragazzi che hanno viaggiato a lungo e che non hanno speranze: «I confini sono bloccati e la Bosnia non raccoglie nemmeno le domande d’asilo nonostante molti di loro ne abbiano diritto - spiega -. Sono parcheggiati, senza prospettive». «Mesa popular» porta quindi in questi luoghi vestiti usati e coperte e paga loro dei voucher nei supermercati perché queste persone possano acquistare cibo. «Cerchiamo di capire le necessità - racconta Simona Forlini, coordinatrice del sodalizio - anche dall’Italia attraverso persone di fiducia in zona».
Paola Gallarotti torna in Italia con tanta «desolazione», ma anche con molte idee per la testa: «Mi sono chiesta che mondo stiamo lasciando ai nostri figli e nipoti - dice -. Ti senti impotente davanti a tutto questo. Io sono convinta di averci messo una goccia in questo mare, ma serve che sia la politica ad intervenire». E così l’imprenditrice sta pensando di tornare in zona (e magari anche in Polonia o Bielorussia) anche con un pediatra: «Vorrei usare le mie conoscenze per creare una rete. Dopo aver visto tutto questo non si può dimenticare. Aiuterò finché posso».
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