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Giochi, dolci e sciarpe: Barbara scalda il Natale di 600 bambini

Con l’aiuto di un gruppo toscano la cittadina di Pralboino è riuscita a portare nuovi doni ai rifugiati di Lesvos
La consegna dei regali a Lesvos - © www.giornaledibrescia.it
La consegna dei regali a Lesvos - © www.giornaledibrescia.it
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Freddo, fame e disperazione, ma anche speranza in un futuro migliore. Sono questi i sentimenti e le sensazioni che animano i cuori e le menti dei rifugiati ospiti sull’isola greca di Lesvos.

Una mano tesa verso di loro arriva da Pralboino. Infatti, anche quest’anno, grazie a Barbara Bertocchi, al suo progetto «Una famiglia alla volta» e a tutte le persone di buon cuore che collaborano con lei, Babbo Natale ha fatto visita ai circa seicento bambini che vivono nel campo profughi della piccola isola dell’Egeo.

«I regali sono arrivati lunedì scorso, consegnati da Karim - ha spiegato Barbara -. Il progetto "Una famiglia alla volta" dura ormai da più di un anno. Lo scorso Natale avevamo acquistato panettoni per tutte le famiglie che fino a quel momento avevamo aiutato, circa una cinquantina. Poi, tra gennaio e febbraio avevo spedito cuffie e sciarpe per i bambini e sacchettini con dolcetti e giochi. Quest’anno sono riuscita ad anticipare il tutto organizzandomi per tempo».

Così, grazie ai donatori dell’ associazione «Little Dresses for Africa Italia», di Coccoloni Sabrina (con sede in Toscana), questa volta è stato possibile raggiungere - con gli stessi doni - non solo i figli delle famiglie finora aiutate, ma anche tutti gli altri bambini del campo. «Il Natale è un momento dell’anno gelido in cui scaldare il cuore, nostro e altrui - le parole di Barbara -. È importante ricordare a chi amiamo che ci siamo, anche solo con il pensiero. Io ti vedo, ti sento, ti accolgo, questo è il mio Natale. Regalare dolcetti e giochi ai bambini è un gesto che si aggiunge al sostegno delle necessità primarie, come mangiare e vestirsi, ma che ha un valore soprattutto umano».

E di umanità ce n’è davvero tanto bisogno in un mondo come quello attuale, dove anziché costruire ponti si innalzano muri e barriere di filo spinato. Dove l’altro e il diverso, in molti casi, non sono considerati una ricchezza ma bensì una minaccia da tenere lontana. Un mondo dove l’individualismo e la paura troppo spesso prendono il posto dell’amore e dell’accoglienza. «Quella che doniamo non è carità - ha concluso Barbara -. Ma accoglienza e fratellanza. Mi ritrovo con fratelli e sorelle di tutto il mondo, con figli di ogni etnia ed età. Auguro davvero di cuore a ciascuno di noi di fare questa esperienza».

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