Inquinamento Caffaro, il Ministero chiede i danni a sei società

L’ordinanza intima alle aziende di occuparsi della barriera idraulica, altrimenti subentra Roma
Il quadrilatero dei veleni: una panoramica dello stabilimento Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
Il quadrilatero dei veleni: una panoramica dello stabilimento Caffaro - © www.giornaledibrescia.it
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Il messaggio è diretto, senza fronzoli e - soprattutto - è contenuto in un’ordinanza ufficiale e protocollata: Roma, questa volta, non ha nessuna intenzione di cedere. Anzi, avverte direttamente tutti i destinatari in questione: sei, per l’esattezza. Sei come le società alle quali è intenzionata a «dare la caccia» per riscuotere il conto dei danni provocati dal cocktail di inquinanti che hanno infestato Brescia e che hanno tutti un solo, conclamato e certificato epicentro: il sito Caffaro perimetrato dalle vie Milano, Nullo e Morosini e non a caso ribattezzato «il quadrilatero dei veleni».

Responsabilità. A essere chiamate in causa nell’ordinanza siglata dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa - e che ripercorre ogni passaggio burocratico e formale a partire dal 2002 - sono Caffaro Srl, Caffaro Chimica Srl, Snia Spa, Livanova Plc (già Sorin Spa), Caffaro Brescia Srl (per l’inquinamento più recente legato alla fuoriuscita di cromo esavalente dalle cisterne dell’ormai ex reparto Clorato) e Angiola Srl, società unipersonale del Gruppo Todisco. La pratica riparte dal 2002, ma il punto chiave e l’attenzione è rivolta soprattutto alla gestione pratica dell’emergenza attuale: la gestione della barriera idraulica che fa da «filtro» ai veleni, consentendo così - attraverso il ricircolo delle acque - di mantenere al sicuro la falda. Questo perché, come già annunciato, Caffaro Brescia (posta in liquidazione il 13 ottobre scorso) ha comunicato che consumerà il suo «addio» alla città il 31 marzo e che, da quella data, «il ramo d’azienda cesserà definitivamente di operare».

Non solo. Nella stessa comunicazione, la società ha anche dichiarato di «non essere obbligata a proseguire le attività di emungimento e di barrieramento del Sito di interesse nazionale». Di qui, la richiesta «a fissare con la massima urgenza una riunione congiunta per organizzare le modalità operative di rilascio delle aree e di subentro nelle misure di messa in sicurezza». Una tesi, questa, respinta con forza dal Ministero, che sta conducendo la battaglia legale e che, comunque, garantirà il funzionamento della barriera idraulica, rivalendosi poi - entro cinque anni - sulle società eventualmente giudicate inadempienti.

Sicurezza. Uno snodo fondamentale, quello delle acque, certificato anche dalle indagini eseguite il 23 ottobre, quando il dipartimento dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha elaborato una simulazione dello scenario che andrebbe a concretizzarsi qualora questa messa in sicurezza cessasse. «Lo spegnimento, anche temporaneo della barriera - si legge - comporterebbe il rilascio in falda di una massa di contaminante che neanche a seguito delle attività previste nel Piano operativo di bonifica potrebbe essere rimossa». Per questo «risulta fondamentale che all’interno dello stabilimento Caffaro sia presente ed attiva una barriera idraulica».

Ecco perché il Ministero ordina alle sei società di assicurare gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda, «garantendone la piena operatività alle portate attuali». Altrimenti, ad occuparsene sarà il Ministero stesso, «approvando la nota delle spese con diritto di rivalsa». Una rivalsa che andrà a sommarsi non solo agli 85 milioni necessari per il risanamento previsto nel Pob (piano operativo di bonifica), ma anche a tutte le spese sborsate per gestire l’emergenza ambientale.

La linea. Lo dice esplicitamente il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut: «Il Ministero intende far rispettare la legge e il diritto alla salute dei cittadini di Brescia. Per questo intima alle aziende che hanno inquinato la falda idrica sotto lo stabilimento Caffaro, nel recente o nel lontano passato, di provvedere a proprie spese al mantenimento della barriera idraulica che impedisce alle sostanze inquinanti di disperdersi nel sottosuolo». La comunità bresciana - prosegue Morassut - «non può essere vittima di giochi finanziari per cui sul territorio, quando gli affari vanno male, vengono lasciate le bad company senza risorse, senza capitali, in attesa di fallimento. Da qui la scelta di procedere con un’ordinanza che riguarda non solo le società in fallimento, ma anche le società attive, a vario titolo responsabili delle obbligazioni di bonifica».Infine, la rassicurazione rivolta alla città: «In ogni caso la barriera idraulica non verrà meno».

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