I soccorritori bresciani in prima linea fuori provincia

Sono schierati in prima linea, come in primavera. Stavolta soprattutto per dare una mano ai malati delle province più martoriate, come Milano, Monza Brianza e Varese, perché nel Bresciano l’emergenza non è paragonabile al picco di marzo ed aprile. La tensione è ben diversa. Sono i soccorritori delle ambulanze, l’esercito di volontari e dipendenti che sul territorio rispondono alle chiamate del 112 e dei cittadini che cercano aiuto. I responsabili delle associazioni lo ripetono in coro: «Gli interventi per casi sospetti di Covid nel nostro territorio ci sono, perché l’epidemia non è certo scomparsa, ma non è come durante la prima ondata». Ecco, dunque, che vengono sollecitati dalle altre province per coprire l’emergenza del 112 o trasferire i contagiati Covid dagli ospedali di Monza e Milano, saturi, a quelli di Brescia, Gardone Vt, Montichiari, Desenzano...
Alla fine di marzo le voci erano ben diverse. «Abbiamo paura, ma teniamo duro», era il ritornello. Centinaia di soccorritori sotto assedio, 24 ore al giorno, da settimane, senza vedere la fine del tunnel. Stress fisico ed emotivo, dispiacere per i malati, preoccupazione per sè e le famiglie con il timore di contagiare i propri cari. Senza tuttavia mollare, vivendo il ruolo come dovere civile.
Croce Rossa. «In questo momento nel Bresciano non ci sono grandi criticità», esordisce adesso Riccardo Scarabelli, referente provinciale della Croce Rossa. «Rispetto a marzo è una situazione di relativa tranquillità. Piuttosto stiamo dando supporto a Milano e a Monza sottoforma di mezzi e personale». Le richieste arrivano direttamente dall’Areu (il servizio regionale che gestisce l’emergenza). L’esperienza della primavera è stata (drammaticamente) preziosa. «Ci ha preparato dal punto di vista sanitario ed emotivo, senza contare che ora non ci sono più problemi con i dispositivi di protezione». Non solo. «I volontari sanno cosa devono fare, sono più informati e formati». I timori per il possibile contagio restano, sono nel conto del dovere. La Croce Rossa (sei comitati, duemila volontari, sette ambulanze pront per l’Areu h 24), come fece in primavera, fornirà il personale infermieristico alla struttura per pazienti Covid che verrà riaperto nel Centro Paolo VI a Brescia. «I nostri mezzi - conclude Scarabelli - sono a disposizione per distribuire le bombole di ossigeno a domicilio nel caso si ripeta l’emergenza di aprile».
Croce Bianca. Le chiamate di cittadini che stanno male oppure che avvertono i sintomi del Covid ci sono, dice la presidente della Croce Bianca, Umberta Salvadego, «ma per fortuna siamo lontanissimi dalla situazione di marzo», conferma. «Molti chiamano l’ambulanza per sentirsi più tranquilli e dopo la valutazione dei sanitari restano a casa». Anche la Croce Bianca presta servizio nel Milanese. Per altro martedì prossimo, a distanza, il presidente della Regione Attilio Fontana consegnerà alla presidente il premio Rosa Camuna (diretta streaming sul sito della Regione), assegnato ai mille volontari per il lavoro svolto durante la pandemia. «Sto però notando che in primavera erano più orgogliosi e motivati di oggi. Sono più stanchi, e questo contrasto che si avverte fra le ragioni della salute e quelle dell’economia non è certo uno stimolo». Come se il loro impegno quotidiano fosse meno necessario e sminuito. Ma è prezioso, come sempre. «È giusto e doveroso dare una mano a chi ci aiutò in primavera con le sue ambulanze, stiamo restituendo il favore ai colleghi di Milano, Varese, Como e Monza», commenta Sergio Facchetti, presidente regionale della Federazione volontari del soccorso (10mila operatori, 3.500 nel Bresciano), già responsabile dell’Anc Valle Chiese (240 persone, undici ambulanze, presidente Giacomo Martinuzzi).
Tutti i giorni due ambulanze di quest’ultima fanno la spola fra quelle province e Brescia. In campo, fra gli altri, anche i volontari della Croce Verde di Ospitaletto, di Bresciasoccorso, di Lumezzane, Adro, di associazioni aderenti alla Faps e all’Anpas. «Dopo la durissima esperienza di primavera - continua Facchetti - gli operatori sono più sereni, forti di quanto hanno imparato. Se noi bresciani adesso stiamo meglio di altri è anche perché non abbiamo mai abbassato la guardia, rispettando le regole di prevenzione».
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