I bresciani all’estero raddoppiati in 10 anni: sono quasi 65mila

Il 53% dei lavoratori a livello mondiale ritiene che sia un buon momento per cambiare lavoro e circa la metà di avere intenzione di lasciarlo. Se restringiamo la nostra lente di osservazione all’Europa, scopriamo che la pensano così i danesi (69%), tedeschi (52%) e gli inglesi (40%), ma non certo gli italiani. I nostri connazionali si sentono inchiodati al loro destino professionale (18%), sono i lavoratori meno coinvolti, i più stressati (49%) e i più tristi (27%), quelli che ritengono di non avere altra scelta lavorativa, senza dubbio sono i più rassegnati al loro destino. E non solo, la rassegnazione aumenta al diminuire delle fasce. La fotografia è scattata dalla Fondazione Migrantes nell’edizione 2023 del Rapporto italiani nel mondo. In un’Italia sempre più resiliente, i giovani italiani sono quelli che, in Europa, soffrono di più. Tra i 18 e i 34 anni quasi un ragazzo su due nel 2022 (4,8 milioni) ha almeno un segnale di deprivazione e due sono le sfere esistenziali maggiormente in difficoltà: l’istruzione e il lavoro.
L’Aire
Scorrendo la ricerca, e arrivando al nostro territorio, in base ai dati degli iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), sono 64.821 i bresciani residenti all’estero, erano 45.008 nel 2018, 33.612 nel 2013; sono quindi raddoppiati nell’ultimo decennio. Dei quasi 65mila bresciani, 11.084 sono partiti dalla città, che diventa il terzo comune lombardo per espatri dopo Milano (95.610) e Como (11.605); subito dopo di noi Bergamo (9.395). Nell’ultimo anno sono partiti verso l’estero in 3.075, un dato in linea con quello degli anni precedenti. Se guardiamo il dato suddividendolo per fasce d’età troviamo la conferma di quanto detto in precedenza; quasi la metà dei migranti ha infatti meno di 35 anni.
Ma dove vanno i lombardi che partono verso il mondo? Al primo posto c’è la Svizzera (quasi il 18%), poi il Regno Unito (circa il 13%), quindi l’Argentina (10,8%); e a seguire (per restare nelle prime dieci destinazioni) Brasile, Francia, Germania, Spagna, Stati Uniti, Uruguay e Belgio.Giovani
I giovani non sono fatti per stare fermi nell’epoca della mobilità. I giovani sono quelli che, al contrario, non solo non riescono a stare fermi ad aspettare, ma sono anche quelli che puntano ai luoghi più lontani. I giovani, sottolinea la Fondazione Migrantes, sono sempre più vulnerabili, ben 1,7 milioni dei giovani italiani sono Neet, cioè non studiano né lavorano, né sono inseriti in qualche percorso di formazione. Il confronto con l’Europa è impietoso: i lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro in meno della media dei colleghi europei e, in particolare, oltre 8mila euro in meno della media dei tedeschi.
«Dilatazione delle transizioni familiari, forte ritardo nella conquista dell’autonomia dalla famiglia di origine, permanenza protratta a vivere con la famiglia di origine, prolungamento dei percorsi di istruzione e formazione - prosegue la Fondazione -: sono solo alcuni degli elementi chiave del ritardo e delle difficoltà che caratterizzano l’Italia». Come ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, commentando il Rapporto, «è palese che ci si trovi di fronte a una nuova importante questione giovanile italiana (ma anche europea) che tocca diversi piani: da quello identitario, a quello esistenziale, da quello occupazionale a quello professionale, fino al protagonismo e alla partecipazione sociale. Una questione per la quale tanto si parla, ma per la quale ancora troppo poco si fa. E i giovani, i giovani adulti e, sempre di più, anche i giovanissimi bruciano i tempi e, stanchi di attendere, trovano soluzioni e risposte in altri luoghi lontano da casa. La mobilità per i giovani è diventata la possibile cura per guarire dalla povertà e dalla paura».
Con la povertà che avanza, «ma non è più solo indigenza economica, diventa paura del domani, inquietudine, incertezza, privazione di vitalità, negazione di sogni e desideri ripici dei giovani come il desiderio di famiglia, di genitorialità, di realizzazione professionale».
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