Green pass obbligatorio, a Brescia è assalto alle prenotazioni

Sono 143.480 i bresciani in età lavorativa ancora senza prima dose. L'hub vaccinale in Fiera chiude i battenti
VACCINI BOOM DI PRENOTAZIONI
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L’ansia da Green pass obbligatorio sul posto di lavoro si misura a suon di prenotazioni. Già dal pomeriggio di giovedì, quando cioè il via libera al nuovo decreto diventava sempre più concreto, il sistema regionale è stato preso d’assalto. All’altro capo del telefono (in tanti hanno scelto la telefonata diretta al call center) o dello schermo, gli scettici dell’ultim’ora: nell’arco di 36 ore, ben 3.500 bresciani che fino al minuto prima erano incastrati appieno nella categoria dei «titubanti» hanno scelto invece di correre svelti verso la prima dose.

Proprio nelle giornate in cui la paura di essere sospesi dal posto di lavoro sta convincendo molti, finora sprovvisti di passaporto verde, ad abbattere ogni riserva verso la campagna di immunizzazione, il maxi hub allestito al Centro fiera di via Caprera ha chiuso i battenti per lasciare spazio alla «nuova epoca» del secolo Covid: da un lato, i nuovi centri vaccinali in formato più territoriale, nei quali completare l’ultimo miglio dell’operazione di massa. E, dall’altro lato, il via alla terza dose da lunedì, che potrà poi essere somministrata a scaglioni (esattamente come avvenuto per le prime due) nei poli cosiddetti di prossimità.

La platea in età lavorativa rimasta finora scettica verso il siero anti-Covid è composta da 143.480 bresciani: tutti hanno tra i 20 e i 65 anni, ma non è detto che tutti abbiano un impiego. Fatto sta che in meno di due giorni (ovvero da giovedì al primo pomeriggio di ieri) dalla nostra provincia sono state registrate ben 400 chiamate al call center e ben 2.939 appuntamenti attraverso il portale web per accaparrarsi un appuntamento e ricevere la prima dose. Numeri ai quali si aggiungono quelli degli altri metodi di prenotazione: Postamat e tablet dei postini, per un totale di 3.500 indecisi che hanno rotto il muro della paura. Ma se, proprio come accaduto per questi primi 3.500, l’intera platea potenziale dei 143.480 bresciani decidesse di «porgere il braccio» per l’iniezione numero uno, senza il suo maxi hub, Brescia ce la farà?

La risposta - secondo il team sanitario alla regia della grande macchina organizzativa - è «sì». Ad esplicitarla è la voce del direttore dell’Ats, Claudio Sileo, che sottolinea: «Questo sforzo di sanità pubblica ha portato a un risultato. La verità è che grazie al maxi hub si sono salvate vite umane. Ora si chiude un’epoca e se ne apre un’altra, quella dei piccoli centri e dei sieri a domicilio. Perché chiude l’hub alla Fiera, non chiude la vaccinazione, alla quale c’è libero accesso, semplicemente ci si recherà altrove».

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Dove? Innanzitutto nei tre centri operativi, vale a dire via Morelli, Sarezzo e Poncarale e, poi, nelle altrettante strutture che saranno allestite negli spazi Italmark: nel quartiere di Sant’Eufemia, in città, ad Ospitaletto e ad Elnòs (che in prima battuta sarà probabilmente riservato agli adolescenti). Sufficienti ad incrociare la domanda di chi si sta convincendo ora e di chi, invece, deve iniziare a ricevere la terza dose, specie con l’incognita di andare incontro ad una eventuale nuova ondata sul finire dell’anno? Ancora «sì» è la risposta della cabina di regia. Perché il metodo è «studiato al millimetro»: a presentarlo nei dettagli sarà, lunedì, l’assessore regionale al Welfare Letizia Moratti, alla quale farà eco la pianificazione locale.

Ieri, come si diceva, è stato però soprattutto il giorno in cui il Centro fiera, l’hub più grande d’Italia, ha ufficialmente chiuso il sipario delle iniezioni. L’ultimo a riceverla - attorno alle 13.30 - è stato Davide, dodici anni, col sorriso orgoglioso di chi sa di muovere un passo fondamentale. Quando Annamaria Indelicato - coordinatrice del polo di via Caprera, direttore socio-sanitario del Civile, «una vera potenza» per descriverla invece con le parole di chi la conosce e con lei lavora da anni - lo racconta, ha gli occhi lucidi: «Questa è stata in assoluto l’iniziativa più emozionante e più difficile che mi sia capitata ed è capitata sul finire della mia carriera. La verità è che tutto ha funzionato perché c’è stata un’organizzazione millimetrica, di massima precisione. Ed è stato un successo perché a questo ci siamo preparati tutti insieme e ci siamo, di fatto, conosciuti tra noi operatori sanitari, decidendo di muoverci sulla scia dell’unico motto possibile: tutti per uno, uno per tutti».

Quel motto, quei tutti, si rileggono nei numeri proiettati sulle immagini di chi, da aprile a ieri, ha tradotto in realtà mezzo milione di vaccinazioni: seimila volontari, cento medici, duecento operatori. Una vera «operazione di comunità», come l’ha definita il direttore generale dell’Ospedale Civile, Massimo Lombardo: «Questo non è un addio ma un arrivederci: noi tutti siamo già concentrati sulla prossima sfida. E dico "grazie Brescia", una frase semplice ma l’unica che descrive ciò che ha caratterizzato questi mesi, ossia il senso di appartenenza. Per questo oggi siamo emozionati, ma non tristi: ci abbiamo messo la faccia e continueremo a farlo».

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