Erasmus e fuorisede: quando votare diventa un’odissea

Lorenzo Buonarosa
C’è chi dovrà spendere 200 euro per tornare a casa dall’estero e chi ha trovato aiuto nelle ambasciate
Giovani bresciani (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
Giovani bresciani (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
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«Andare a votare mi costerà circa duecento euro ma lo farò comunque. È un dovere civico oltre che un diritto». A parlare è Jacopo, 25 anni, studente di Scienze politiche a Firenze. Da pochi giorni è arrivato a Bruxelles per uno stage al Parlamento europeo ed è solo uno dei tanti studenti che il 25 settembre dovranno prendere un aereo per rientrare in Italia e presentarsi al seggio elettorale. 

Storia di un singolo che si riflette su una delicata situazione di classe. Sono più di 5 milioni, infatti, gli italiani all’estero, quasi un decimo della popolazione italiana ma non sono tutti uguali: se sei un lavoratore che risiede in un Paese estero non ci dovrebbero essere molti problemi. Basta iscriversi all’Aire, Anagrafe Italiani residenti all’Estero, e secondo la procedura definita dal ministero dell’Interno si può votare per corrispondenza registrandosi entro il 25 agosto. 

L’epopea

Ma come fa uno studente arrivato da pochi mesi in un Paese estero a votare? La risposta è semplice: sempre per corrispondenza. Il processo, però, è diverso: «Essendo io residente a Torino ho dovuto inviare un’email all’indirizzo del Comune, allegando un modulo di richiesta di voto all’estero trovato sul sito» racconta Emma, 23 anni. Oggi è a Dublino per seguire un Master in Comunicazione: «Ho fatto domanda l’8 agosto e già l’11 avevo ricevuto risposta, poi il 23 agosto mi è stato detto che il mio nome era ufficialmente stato aggiunto alla lista di chi vota dall’estero.

C’è da dire che la procedura è molto più semplice se si passa tramite le ambasciate». 
Sì perché non per tutti l’iscrizione al registro comunale è così semplice: se abiti in una grande capitale - dove è presente un’ambasciata - i contatti con l’Italia sono più veloci, ma se ti trovi in un paese lontano dalle grandi metropoli la richiesta dovrà passare per un consolato. Più si è lontani dai consolati e più la situazione si complica: «Ovviamente se vai in una capitale hai la possibilità di andare direttamente in ambasciata, invece chi va in un paesino sperduto ha molte più difficoltà per mettersi in contatto almeno con un consolato». Jacopo chiude così la telefonata. 

La trafila dei fuori sede italiani

I grattacapi degli studenti all’estero sono la sintesi di un problema nazionale più ampio che coinvolge anche i fuori sede italiani: se all’estero sono tutelati grazie al voto per corrispondenza, i ragazzi che studiano nelle nostre università sono costretti a tornare nei comuni di residenza. In tutta Italia ci sono circa seicento mila fuori sede, il 33% della popolazione universitaria. 

«Io ho pagato circa 60 euro per l’andata e il ritorno sul treno, ma i miei coetanei che prendono l’aereo per tornare in Sicilia o in Puglia pagano molto di più». Eleonora ha 24 anni e viene da Roma. Frequenta l’Università Cattolica di Milano da circa un anno e ora è riuscita a tornare grazie agli sconti proposti per i treni ad alta velocità. Per chi dovrà tornare in aereo, invece, la situazione è ben diversa: ad oggi un biglietto medio per un volo di andata e ritorno tra Milano e Bari costa tra i 100 e i 120 euro; 150 invece per andare in Sicilia. 

«È un problema serio - conclude Eleonora -: molte persone che conosco non si possono permettere spese extra e quindi non torneranno proprio». 

Uno scenario che, come denunciato da diversi partiti e istituzioni locali, rischia di far crescere ulteriormente l’astensionismo giovanile. L’ultima piaga di questi tempi già incerti. 

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