Elezioni politiche: quando il campo largo è minato

Dopo gli addii e i colpi di scena ora si tratta. Poi toccherà alle liste. La settimana politica appena trascorsa indica che siamo entrati in una nuova fase: quella di assestamento. E anche da Brescia si segue con attenzione agli sviluppi nazionali nell’avvicinamento alle elezioni del 25 settembre. È quasi scontato dire che gli spunti più stimolanti arrivano ancora una volta dal centrosinistra tuttora in cerca di un proprio perimetro e che da campo largo, per il Pd, sembra essersi trasformato in un campo minato. Nel centrodestra le tensioni si consumano sotto una superficie apparentemente calma per cui i tre leader, Berlusconi, Meloni e Salvini sono già assorbiti dalla campagna elettorale. Ma con molti distinguo tra loro.
Ma partiamo dal centrosinistra. Veti al centro, richieste a sinistra e impuntature degli ex grillini hanno reso incandescente la settimana di Letta e dei dem. Chi pare non aver dubbi è il Pd bresciano che ha sostanzialmente chiuso la propria istruttoria per i candidati del territorio: in particolare il faticoso derby tra il consigliere regionale Gian Antonio Girelli (forte sul territorio) e il deputato Alfredo Bazoli (tenuto in grande considerazione a livello nazionale) si è risolto in maniera salomonica. Il primo è stato indicato come capolista per il proporzionale alla Camera e il secondo per il Senato (anche se per il maxi collegio è in campo anche il «veterano» bergamasco Antonio Misiani). Ora decideranno a livelli superiori, ma solo dopo aver risolto la questione delle alleanze. Dopo tanti tentennamenti e una scarica di tweet, il Pd e Azione/+Europa hanno trovato un’intesa. Non è detto che qualche centrista non sia candidato in uno dei sei collegi uninominali che tra Camera e Senato ricadono nella nostra provincia. Non dovrebbe esserci l’attuale ministro agli Affari Regionali, Mariastella Gelmini, che dovrebbe correre in un collegio milanese. L’ex forzista ha aderito con entusiasmo al progetto di Calenda e al nostro giornale ha sottollineato che quella raggiunta è «un’alleanza con due aree ben distinte, quella liberal popolare guidata da Carlo Calenda e quella di sinistra guidata da Enrico Letta. C’è un patto comune su europeismo, atlantismo e ricette economiche, ma tra Pd e Azione restano delle differenze». Chi correrà a Brescia come capolista nel proporzionale per la Camera è il coordinatore provinciale Fabrizio Benzoni, che all’indomani dell’accordo è volato a Roma per ottenere garanzie sulla sua candidatura. Ma l’apertura al centro ha bloccato momentaneamente l’intesa con Sinistra italiana e Europa verde. Il blocco rossoverde si sente messo all’angolo soprattutto per il continuo richiamo all’agenda Draghi e dagli attacchi al vetriolo da parte di Calenda. Se ne è ragionato nei giorni scorsi durante la festa provinciale di Si che si è svolta a Nave e le perplessità espresse da Luca Trentini e Salvatore Fierro, rispettivamente segretario provinciale di Si e dei Verdi, rispecchiano quelle di Fratoianni e Bonelli. «Come possiamo allearci con chi continua a tirarci aceto negli occhi?». E ancora «Calenda passa più tempo a criticare la sinistra che la Meloni». Parole che sono sintomo di un’insofferenza crescente, ma che sarà sacrificata in nome di un’alleanza tecnica per battere il centodestra a trazione sovranista, come ha ribadito Fratoianni a Brescia. Si tratta solo di come siglare l’intesa senza dar l’impressione che gli aut aut di Calenda sono solo scena.
A sinistra una porticina si è aperta (ma immediatamente è stata sbarrata) per un’intesa con il M5S, bocciata dai Verdi. I pentastellati stanno vivendo una fase palingenetica e in queste ore è stato avviato il processo delle autocandidature che porterà successivamente alle Parlamentarie per definire i nuovi aspiranti eletti. Con una postilla importante: sarà Conte a scegliere i capilista.
I bresciani uscenti, due figure ingombranti come l’ex capo politico Vito Crimi e l’attuale tesoriere Claudio Cominardi, pur non essendo candidati restano nel Movimento. Il primo è stato indicato come responsabile della piattaforma informatica M5s, quella attraverso cui sarà selezionata la prossima classe dirigente. Un ruolo nevralgico in un partito nato in rete e che sulla democrazia diretta digitale ha costruito le sue fortune. Il secondo resta tesoriere del Movimento, incarico che scade il 31 dicembre 2023 e quindi sganciato dalla Legislatura.
Nel centrodestra lo scontro invece è più sottile e al momento non ha ripercussioni a livello locale. Gli alleati-rivali Salvini e Meloni si punzecchiano quotidianamente con proposte di liste di ministri e dichiarazioni di campo atlantista. Più in generale Lega e Fratelli d’Italia a livello territoriale stanno vivendo due fasi opposte. I leghisti devono fare i conti con il combinato disposto della riduzione dei parlamentari e il calo dei consensi (stando ai sondaggi): questo si traduce in una prospettiva che difficilmente vedrà i sette parlamentari bresciani uscenti confermati il 25 settembre.
Non solo, se nel 2018 in una fase di espansione e con tempi elettorali più ampi, anche il livello provinciale aveva avuto buon gioco nell’indicare candidati, ora con una pattuglia foltissima di uscenti la cosa si è complicata. Per questo Alberto Bertagna ha sì contatti costanti con Cecchetti, ma alla fine la decisione sarà in mano a Salvini.
Gli uscenti sono sette: i deputati Simona Bordonali, Paolo Formentini, Matteo Micheli, Eva Lorenzoni, Beppe Donina, Raffaele Volpi e il senatore Stefano Borghesi. Si sussurra di tre candidature certe, più una quarta jolly. Ma la tradizione leghista vuole che fino all’ultimo giorno qualcosa possa cambiare.
Diverso il clima in Fratelli d’Italia dove il senatore Giampietro Maffoni l’unico uscente ha la quasi certezza di una ricandidatura, sugli altri nominativi si parla di qualche indicazione nazionale proveniente direttamente dalla Meloni e poi di una corsa tra le correnti che anche a Brescia attraversano il partito. Chi al momento non ha più problemi correntizi è Forza Italia, la dipartita della Gelmini e il commissariamento Paroli dovrebbero ridurre la conflittualità interno. L’ex sindaco di Brescia, che ha riabbracciato Giuseppe Romele di rientro dopo 4 anni in Fdi, ha parlato di partito in gran forma sarà blindato e ricandidato. Per guidare il partito ha chiesto aiuto ai tre consiglieri regionali, Carzeri, Tironi e Barucco. Per loro si apre una lunga campagna elettorale fino alle Regionali di primavera.
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