Da inizio anno in fumo 1.200 ettari: la rinascita dei boschi parte dalla Valcamonica

Le fiamme hanno corso tantissimo, più di ogni altro periodo, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera scorsa, in tutte le vallate bresciane e anche in Maddalena, in città. Mesi di siccità, senza vedere una sola goccia d’acqua e, ancora prima, l’assenza di neve, hanno creato le condizioni ideali per il diffondersi dei roghi.
E così le montagne di casa nostra si sono presentate ai turisti annerite, oltre che giallognole per il caldo e il secco. Da inizio anno sono oltre un centinaio gli incendi boschivi, la maggioranza tra gennaio e marzo: a finire in fumo sono stati circa 1.200 ettari. Valcamonica.
La zona più colpita è la Valcamonica, che ha visto bruciare quasi la metà degli ettari del Bresciano: nei quattro principali roghi di Sellero, Berzo Demo, Sonico-Edolo e Vione-Vezza sono spariti 428 ettari, di cui 105 di pascolo e 323 di bosco.
La Valcamonica è la prima a guardare avanti, a pensare già al rimboschimento per far tornare verdi quelle macchine scure. Facendo leva su un capitolo di bilancio della Regione per il pronto intervento per le calamità forestali, tra cui sono inseriti anche gli incendi per il recupero dei versanti bruciati. Negli scorsi giorni la Comunità montana camuna ha presentato quattro richieste di finanziamento per la ripresa dei boschi per un milione e 185mila euro.
I roghi
Gli episodi di maggiore impatto dal punto di vista naturalistico, paesaggistico e idrogeologico sono stati dal 2 all’8 febbraio tra Berzo Demo e Sellero, per una superficie di 120 ettari tra cui molti castagneti d’interesse storico-paesaggistico sulla Via Carolingia.Dal 24 al 27 febbraio a Berzo Demo sono spariti altri 30 ettari di arbusteto, lariceto e pascolo di valore storico-paesaggistico, perché situati sul Sentiero della memoria e tra manufatti della Grande guerra. Dal 27 al 30 marzo è bruciato il territorio tra Vione e Vezza, in Val Grande e Cima Rovaia, per 61 ettari di conifere, mentre dal 23 marzo all’1 aprile tra Sonico ed Edolo sono finiti in cenere altri 216 ettari, con danni consistenti vicino a un sito archeologico.
I progetti
L’orografia di queste aree non consente di programmare interventi che possano garantire la sicurezza degli operatori forestali (soprattutto per il pericolo di caduta massi). Per questo la Comunità montana ha scelto di bonificare solo le aree più agevoli, per un riassetto paesaggistico dei soprassuoli ad alta frequentazione di grande valore storico-culturale.
Le aree dove si concentrerà la riscossa verde, per sconfiggere il grigio, saranno i castagneti da frutto della Via Carolingia, i lariceti e i soprassuoli a cornice dei sentieri e dei manufatti della Grande guerra e quelli nei pressi di uno dei siti Unesco a Sonico. Sono previsti quattro macro blocchi di interventi: la bonifica sia dei cedui degradati per ridurre la presenza di materiale di innesco rimasto sul posto sia delle aree di fustaia compromesse, per favorire la riattivazione del ciclo forestale e il riassetto paesaggistico. E quindi i rimboschimenti puntuali, con specie non pioniere di difficile rinnovazione naturale (come querce, faggio, latifoglie di pregio), cui seguirà il monitoraggio delle aree non accessibili, per verificare l’attivazione di nicchie di erosione.
Strategia
«La siccità prolungata, oltre a un inverno eccezionalmente caldo e siccitoso, ha incrementato la vulnerabilità di gran parte del territorio camuno, già di per sé molto sensibile agli incendi - spiega il direttore del settore Foreste della Comunità Gian Battista Sangalli -. Gli incendi sono stati gravosi perché hanno riguardato ampi tratti rupicoli e poco serviti. Oltre al danno naturalistico-forestale, preoccupa quello idrogeologico, su suoli già di per sé impoveriti e dove sono presenti numerosi massi affioranti. Fattori che espongono i versanti al rischio di attivare aree di erosione e colate di fango e detriti».AmbienteL’emergenza incendi nel Bresciano
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