Coronavirus, in fila (distanti) per andare a donare il sangue

Decine di bresciani nella sede provinciale. Per i nuovi donatori un numero dedicato
IN FILA PER DONARE
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Chi si era trovato davanti una coda troppo lunga lunedì mattina è tornato ieri: «Ora più che mai c’è bisogno di noi».Sono decine i bresciani che si sono goduti un po’ di sole nell’attesa di entrare nella sede provinciale dell’Avis. Rigorosamente a distanza di un paio di metri l’uno dall’altro, hanno sfilato lungo il parcheggio per donare.«Sono un avisino da diversi anni, non potevo non rispondere all’appello proprio in questo momento di necessità» racconta Gianpaolo. «Ho dovuto aspettare un’ora e mezza prima di entrare - continua - ma ben venga, in questo momento di emergenza c’è bisogno di tutti. Il coronavirus fa paura, dobbiamo stare a casa, ci spostiamo solo per lo stretto necessario, come venire a donare».«Non mi sento preoccupata per il virus - dice Debora -, penso che chi è qui oggi sia in buona salute.

È un’occasione per fare bene e stare un po’ all’aria aperta, dovendo aspettare nel parcheggio».

Nei giorni scorsi l’Avis, per voce del presidente provinciale Gabrile Pagliarini, aveva lanciato un appello per le donazioni. «I bresciani hanno risposto in massa - racconta al telefono -. Chi in questo periodo non lavora ha più tempo per venire a donare o tornare dopo mesi di stop. È importante non fermarsi - aggiunge - perché anche se abbiamo rifornito le scorte bresciane, per il principio di solidarietà ora dobbiamo sostenere la regione e tutto il Paese». In tempo di emergenza coronavirus, all’ingresso in sede viene misurata la temperatura a chiunque varchi la soglia. Prenotare.

«Per evitare che si creino assembramenti - spiega la dottoressa Germana Zana - abbiamo attivato un numero di telefono, il 366.2433660 attivo dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 15, dedicato ai nuovi donatori o a chi non dona da più di due anni. Chiamando, è possibile fissare un appuntamento per eseguire le analisi. Se tutto va bene, dopo una ventina di giorni, si può tornare e fare la prima donazione». In sala, sempre ben distanziati, ci sono gli avisini che dopo l’attesa all’aria aperta si sono accomodati per il prelievo.

«Ogni 60 giorni vengo per l’aferesi - racconta Gabriele -, il coronavirus non mi ha fermato, basta avere un po’ di voglia e decidersi a venire». Gli fa eco Sergio, il vicino di poltrona: «È uno dei pochi motivi validi per uscire in questo periodo di quarantena. Anzi, suggerisco a tutti di farlo».

 

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