«Ci vogliono buttare fuori casa, ma noi da qui non ci muoviamo»

Se il depuratore sorgerà a sinistra del Chiese cancellerà alcuni edifici. I residenti: combatteremo
La casa della signora Luigina Maruelli rischia di essere spazzata via dal nuovo depuratore © www.giornaledibrescia.it
La casa della signora Luigina Maruelli rischia di essere spazzata via dal nuovo depuratore © www.giornaledibrescia.it
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Ci è cresciuta, in quella casa. Certo, non si può dire che il panorama sia lo stesso: prima, aprendo le finestre, vedeva la collina che s’inchinava su un campo di granoturco. Poi, la piccola altura verdeggiante è stata letteralmente sventrata e le coltivazioni sospese: sono stati entrambi sacrificati sull’altare dell’infrastruttura moderna che, in questo caso, si chiama depuratore di A2A. Da allora, da quando l’impianto è stato incassato nella parte erosa della collinetta, la veduta non è più così bucolica.

Ma quella è la sua casa. Ci è cresciuta lei, ci sono cresciuti i suoi fratelli, l’ha riammodernata, ci ha trascorso una vita. E adesso, neanche il tempo di metabolizzare lo stravolgimento della prima opera, e il presunto nuovo progetto - quello che immagina di realizzare il maxi depuratore nel campo adiacente, come prolungamento dell’impianto di A2A - vuole spazzare via del tutto la sua casa e cancellarla dai mappali. Anzi, «la vorrebbe». Perché «io da qui non mi muovo: si rende conto? Questa è la mia casa».

Gavardo, sponda sinistra del fiume Chiese. Luigina Maruelli è una delle tre residenti che si trova ad abitare sul tracciato del progetto al vaglio di Acque Bresciane, dopo che il commissario per la depurazione, il prefetto Attilio Visconti, sulla scia dei vincoli ambientali che blindano la sponda destra, ha dato mandato di approfondire quest’altro scenario. Un percorso che, però, prevede l’esproprio di quattro edifici: quelli di tre famiglie e l’immobile che traguarda sulla provinciale, conosciuto come «Casa Bonvicini»: dopo un investimento consistente (90mila euro di oneri incassati dallo Stato) e un cambio di destinazione d’uso alle porte (con l’esborso di altri 80mila al Comune), se sopravvivrà alle ruspe, dovrebbe diventare la vetrina di un mobilificio.

Luigina lo ripete con una rabbia elegante e con maniere gentili: «Giocherò tutte le carte possibili: eravamo immersi in un’oasi che hanno già deturpato e rovinato, cosa vogliono ancora?». Ha 58 anni, è andata in pensione ad aprile, convinta di potersi godere i prossimi anni nella «sua Gavardo», nella «sua casa».

Invece ha trascorso tre settimane da incubo: «Ma questa battaglia - scandisce - la combatterò fino alla fine». Il giorno in cui lo ha scoperto se lo ricorda bene: «Mi hanno chiamato gli amici del Comitato Gaia per dirmelo. Stava scritto sul giornale. Filippo Grumi ci sta supportando, ma le sembra normale che io debba venire a sapere che abbattono casa mia dal GdB?». Sono trascorse tre settimane dall’ipotesi, ma a Luigina di comunicazioni non ne sono ancora arrivate. «Nessuno mi ha contattata, non sappiamo nulla e questo è un atteggiamento di prevaricazione bello e buono. Io di questa casa sto ancora pagando il mutuo. È una cosa da pazzi: siamo in quattro e non abbiamo neppure capito se le vorrebbero abbattere tutte o solo alcune. Danno tutto per scontato senza neppure interpellarci».

La domanda, a Gavardo, se la pongono tutti. Del depuratore si parla da anni. Possibile che - nonostante i comitati lo ripetessero in continuazione - nessuno si sia reso conto o preoccupato prima dei vincoli ambientali? E, soprattutto: possibile che nessuno, ora, si ponga il problema delle famiglie residenti? «Per qualcuno è un gioco di potere o di soldi, per altri quel che c’è sul tavolo è la propria vita. Il depuratore del Garda non è solo una mega opera inutile e un gigantesco spreco di soldi che pagheremo noi attraverso le nostre bollette, ma è anche un impianto che distruggerà il territorio senza portare alcun beneficio» specifica Grumi del Comitato Gaia durante il sopralluogo. Che aggiunge: «Quest’operazione è costellata di incoerenza e di superficialità. Noi abbiamo inviato sia al Tavolo tecnico indetto dal Ministero sia alla Commissione ambiente una corposa documentazione che attesta come il progetto di Gavardo e Montichiari sia viziato all’origine nello studio, condizionato da elementi di valutazione alquanto soggettivi e che dimostrano come esistano invece soluzioni decisamente migliori dal punto di vista ambientale ed economico».

Un esempio? Due, secondo Grumi. «C’è la soluzione, ancora percorribile, di Peschiera attraverso una circumlacuale, cioè un progetto speculare a quello veronese ma realizzato su sponda bresciana. E poi c’è la soluzione gardesana: Lonato del Garda era stato individuato da Acque Bresciane con possibile esame di corpi recettoriartificiali invece del fiume Chiese. La documentazione che abbiamo prodotto è in grado di dimostrare che i tempi per percorrere la soluzione di Lonato erano assolutamente equivalenti a quelli di Gavardo alla luce soprattutto dei ritardi dovuti all’iter commissariale».

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