Caro energia, Comunità energetiche rinnovabili ferme per la burocrazia
Produrre energia «verde» in modo diffuso, partecipato e a chilometro zero. È il modello delle Cer, acronimo di Comunità energetiche rinnovabili, una sigla sconosciuta ai più, che sta diventando oggetto di grande discussione nelle amministrazioni comunali, tra le piccole e medie imprese, tra le famiglie.
La corsa al risparmio energetico sta infatti spingendo i bresciani alla ricerca di soluzioni per alleggerire il caro bollette. E il modello Cer può essere una soluzione.
Le Comunità energetiche rinnovabili sono gruppi di soggetti (possono essere imprese, amministrazioni locali, ma anche enti del terzo settore, enti religiosi e cittadini) che si associano creando una rete di impianti (per lo più pannelli fotovoltaici) per condividere l’energia prodotta da fonti rinnovabili. Un modello che da solo non può certo risolvere i problemi del caro bollette e della transizione energetica, ma che dal punto di vista sociale può far fare un salto di qualità ai cittadini che da semplici consumatori di energia diventano produttori di rinnovabili, che possono cedere alla Comunità.
I numeri
Sono già una quarantina le amministrazioni comunali bresciane che hanno formalmente manifestato l’intenzione di voler diventare punto di riferimento di una Cer e installare pannelli sui tetti di scuole, palestre e uffici; parallelamente sono centinaia le imprese che si stanno muovendo su questo fronte attraverso Confindustria Brescia e Apindustria Confapi Brescia.Le potenzialità sono enormi: nel Bresciano - si calcola - potrebbero nascere più di 250 Comunità energetiche rinnovabili, anche grazie agli incentivi: Regione Lombardia ha stanziato circa 22 milioni di euro per sostenere i progetti; a queste risorse si aggiungono quelle del Pnrr che ammontano a circa 2,2 miliardi a livello nazionale per i Comuni con meno di cinquemila abitanti; infine ci sono le risorse del Fondo europeo per lo sviluppo (in Lombardia 55 milioni).
Il problema dei decreti
Gli investitori (e i progetti) ci sono, ma a distanza di un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo 199/2021, che recepisce la direttiva europea (2018/2001) e incentiva lo sviluppo delle Cer, mancano i decreti attuativi necessari per l’effettiva applicazione della legge. «Atteggiamento inspiegabile - tuona il presidente della Piccola di Confindustria Brescia, Marco Capitanio -. Le Cer sono uno strumento concreto, pratico e immediato a supporto della transizione energetica. L’impianto della norma è definito da tempo, ma tutto è fermo in attesa dei decreti attuativi. Stiamo perdendo tempo prezioso, in un momento in cui il tema energia è quanto mai critico e dove ogni singolo contributo, anche piccolo, può aiutare ad affrontare questo momento storico. Ci sono i fondi del Pnrr, ci sono i contributi della Regione: non possiamo sprecare questa opportunità».
Il problema è sentito soprattutto tra le piccole imprese. «Le aziende si stanno organizzando, centinaia le richieste che stiamo ricevendo in associazione - dichiara il presidente di Apindustria Confapi Brescia, Pierluigi Cordua affiancato da Enea Filippini, direttore di Api Servizi - . Da tempo stiamo lavorando in modo attivo sul tema delle Cer. Puntiamo a diventare un centro di riferimento a livello territoriale, convinti che la strada della produzione localizzata di energia sia davvero in grado di dare risposte utili alle imprese e all’intera comunità in pochi mesi, a differenza di altri progetti con tempi incerti e sicuramente molto più lunghi».
«Entro fine ottobre dovrebbero finalmente arrivare dal Ministero i decreti attuativi - chiosa Cordua - dobbiamo velocizzare in questa direzione».
Nodo burocratico
Uno dei grandi nodi che frena gli investimenti per dare vita alle Cer è quello delle «cabine primarie». Ogni Paese europeo ha recepito il vincolo della territorialità della Cer in modo diverso: in Olanda, ad esempio, è stato scelto il codice di avviamento postale; in Francia la distanza massima di 1 Km dall’impianto. «L’Italia ha complicato le cose e scelto come perimetro per la Cer il criterio della cabina primaria di energia - dichiara Cordua -. Prima di fare qualsiasi progetto è quindi indispensabile sapere dove si trovano e quante sono le cabine a cui collegare le Cer: solo così si comprende chi sta fuori e chi sta dentro la comunità energetica».
Insomma un ginepraio di burocrazia del quale non si riesce a venire capo, anche per questo c’è grande attesa per i decreti che definiscono le regole. E intanto si spreca tempo senza produrre energia.
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