Cambiamenti climatici, una task force per salvare i monumenti

A Brescia ce ne sono centinaia a rischio elevato. L'Università Cattolica e uno spin-off stanno lavorando a un progetto per la tutela
Meeting. Una riunione nell’ambito del progetto Cheers
Meeting. Una riunione nell’ambito del progetto Cheers
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I danni legati ai cambiamenti climatici minacciano prima di tutto gli esseri viventi: uomini, specie animali e vegetali. Ma tra le vittime di eventi estremi potrebbero esserci anche palazzi, chiese e monumenti. Proprio come accadde a Firenze 55 anni fa, ma su scala più vasta. Il pericolo riguarda anche la nostra provincia, tanto che l’Ispra nel suo rapporto «Dissesto idrogeologico in Italia» (2018) aveva già lanciato l’allarme.

Nel Bresciano secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esistono ben 2.930 beni culturali. In 233 casi (l’8% del totale) il pericolo alluvioni è elevato, in 325 (11,1%) medio e in 645 (22,0%) basso, ma comunque significativo. Inoltre 405 beni (il 13,8%) sono a rischio frana e in 93 casi (3,2%) questo rischio è elevato o molto elevato.

«Serve una strategia di adattamento, in linea con uno dei capitoli del secondo obiettivo della Conferenza Cop26 di Glasgow», rimarca Stefano Oliveri, coordinatore di una speciale task force composta da Università Cattolica di Brescia ed Ecometrics srl che si occupa proprio di questi temi. «Visto che non riusciamo a controllare il cambiamento climatico - prosegue - dobbiamo adottare delle strategie per proteggerci dai danni. L’adattamento richiede pianificazione dei territori e politiche pubbliche, soprattutto locali». Un modello, in questo senso, è rappresentato dal lavoro di ricerca che la task force ha condotto nell’ultimo triennio nell’ambito del progetto europeo Cheers. Come spiegano Marco Pregnolato e Barbara Caranza, «il progetto ha riunito partner dai Paesi europei dell’arco alpino (Italia, Francia, Slovenia, Austria, Germania e Svizzera). Per ognuno dei soggetti coinvolti è stata presa in esame un’area pilota: in particolare noi abbiamo lavorato sul caso di studio dell’esondazione del fiume Adige, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, il Dipartimento della Protezione Civile e la Soprintendenza».

Finanziato dal programma europeo Alpine Space, il progetto da poco concluso si è focalizzato «sul tema della tutela e messa in sicurezza dei beni culturali esposti a "hazard" naturali ed è stato prevalentemente orientato alle attività di pianificazione e prevenzione, elemento che lo ha fortemente distinto rispetto ad altre iniziative simili - aggiunge Oliveri -. Favorendo la collaborazione fra Protezione civile e gestori di beni e siti culturali, Cheers ha lavorato per creare le condizioni utili a garantire una maggiore capacità di risposta per la salvaguardia del patrimonio culturale in eventuali stati di allerta o emergenza».

Una maggiore capacità di risposta che sarebbe importante garantire anche nella nostra provincia: «Nel fare pianificazione a livello comunale e sovracomunale ci siamo resi conto che questa è una questione incredibilmente sottovalutata. E ci piacerebbe trovare anche a Brescia interlocutori con i quali affrontare il tema». Qualcosa in questo senso si è già mosso. «A Brescia Musei ho inviato il "documento di raccomandazione" stilato al termine delle attività svolte in Trentino. Il direttore della Fondazione mi ha già dato un primo riscontro. Sappiamo che a Brescia è stato fatto un lavoro sui rischi sismici per i siti archeologici. Nel nostro progetto però ci concentriamo in particolare sulle attività di pianificazione e preparatorie per mettere in salvo i beni culturali dagli eventi naturali estremi: è fondamentale sapere che cosa potrebbe subire danni, quante risorse umane e quanti mezzi sono disponibili e quali interventi si possono fare. Farsi trovare pronti è fondamentale: in poche ore non ci si inventa niente».

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