Brescia è da zona rossa: verso lockdown mirati

Corre più in fretta, contagia più capillarmente (anche se, rispetto alla prima ondata, le cure sono in grado di attenuarne l’aggressività) e, giorno dopo giorno, sta «monopolizzando» sempre di più i posti letto negli ospedali, ormai in stato di allerta. I dati sono inequivocabili e, soprattutto, costantemente sopra la media da troppo tempo.
Il virus ha rialzato la testa, specie da quando le varianti (a partire da quella inglese, capace di infettare in modo molto più fulmineo) hanno preso sempre più piede. Al punto che il Comitato indicatori, nel dossier regionale che contiene l’andamento della pandemia stilato ieri, ha riservato un capitolo ad hoc alla nostra provincia. E quello di Brescia è diventato un «caso nazionale».
Il Comitato tecnico scientifico, infatti, già nella serata di ieri, ha consegnato il suo epilogo: quella bresciana è una situazione da zona rossa.A potere attuare la decisione (e a definirne i perimetri) è però solo la politica.
Le ipotesi. Il verdetto dovrebbe insomma essere decretato nella giornata di oggi, quando il ministro della Salute, Roberto Speranza, si interfaccerà con il governatore lombardo, Attilio Fontana per stabilire in che termini e da quando firmare l’ordinanza ministeriale. Quel che però è certo è che misure restrittive sono alle porte (a prevalere sarebbe la strada di fasce rosse mirate) e che non si può attendere la consueta riunione del venerdì. Non più e non nel nostro caso. Tre le proposte che il Comitato lombardo ha inviato a Roma, corredate dallo scenario attuale e dai dati aggiornati, con la richiesta esplicita - rivolta al Cts - di una valutazione rapida, anche entrando nel merito delle diverse ipotesi.
Quali le strade? Il primo scenario parla di una grande zona arancione per tutta la provincia, con fasce rosse mirate per singoli Comuni. Il secondo prevede una «terapia d’urto» generalizzata e, quindi, l’applicazione delle regole più restrittive (con una sorta di lockdown «soft») sul nostro territorio, in modo uniforme. Il terzo immagina invece interventi ancora più chirurgici, con misure da zona gialla, rossa o arancione a seconda della situazione (anche se questa terza strada pare la meno sostenibile sotto il profilo della gestione).
Fattore criticità. È all’interno di questo quadro che il presidente della Provincia, Samuele Alghisi, lancia un appello alla Lombardia e al Governo: «La maggior parte dei vaccini disponibili, adesso, siano dirottati prima nelle zone in cui il contagio corre di più e registra picchi più preoccupanti, a partire da Brescia». L’invito, insomma, è a non basarsi sul criterio della distribuzione per numero di abitanti, ma di fare prevalere la situazione di emergenza. Questo «onde evitare che si replichi quanto avvenuto durante la prima ondata: servono più dosi nei territori più critici». Non solo. Il numero uno del Broletto accoglie e sottoscrive la proposta avanzata da Donatella Albini (delegata alla Sanità in Loggia): «È sempre più necessario istituire e riunire un Tavolo territoriale permanente. I sindaci sono sempre più preoccupati e, soprattutto, disorientati».
La polemica punta ad invocare maggiore trasparenza sui dati: «Abbiamo bisogno di tutti gli elementi, di numeri certi sui quali basarci per assumere tutte le decisioni possibili che competono ai primi cittadini. Non è possibile che, puntualmente, veniamo a conoscenza, ad esempio, del tasso di saturazione degli ospedali per pura casualità o attraverso le ricostruzioni della stampa». L’obiettivo, secondo Alghisi, è infatti una strategia d’azione congiunta, specie fra territori limitrofi: «Solo in questo modo si possono mettere in campo decisioni e azioni efficaci. La situazione sta tornando ad essere critica e io mi faccio portavoce delle preoccupazioni dei sindaci: dobbiamo essere informati per poterci confrontare e per poter agire in modo puntuale».
La Loggia. Una richiesta, quella di poter avere dati puntuali, più volte esplicitata anche dal sindaco del capoluogo, Emilio Del Bono, che ieri è stato contattato dal presidente Fontana. «Non sfugge che l’andamento dei contagi sia in crescita e abbia cominciato ad avere un impatto consistente sulle strutture sanitarie». Il numero uno di Palazzo Loggia non reclama zone rosse («non compete a me farlo» dice), ma si sofferma sull’affaire vaccini: «Stiamo andando troppo lentamente, ci sono medici che non hanno ancora fatto il secondo richiamo, siamo indietro nelle case di riposo e siamo solo all’inizio della copertura degli over 80. Mi aspetto un’accelerazione e mi concentrerei soprattutto sulla logistica, perché non vorrei ci trovassimo, tra un mese, invasi dai vaccini ma senza la macchina organizzativa». A preoccupare, al momento, è più l’istantanea della provincia, dalla Franciacorta al Garda, mentre in città l’attenzione si concentra sugli assembramenti, anche se Del Bono non ha in mente di attuare ordinanze di chiusura delle piazze: «Se Brescia resterà zona gialla, valuterò di limitare la vendita di alcolici nel centro storico durante il fine settimana». E, visti gli episodi di caos e inciviltà verificatisi negli ultimi due weekend, prevalentemente il sabato, chiarisce: «Ho chiesto maggior controllo e severità alla Prefettura, anche verso i giovani».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
