Ospedali bresciani pieni: scattano i trasferimenti a Milano
I ricoveri negli ospedali bresciani di persone con Covid-19 sono in costante aumento. Lo dicono i numeri: lo scorso metà gennaio erano 556 in totale; il 19 febbraio, ovvero venerdì, erano saliti a 740 e in meno di due giorni hanno raggiunto quota 778. Al punto che ieri dalla Poliambulanza sono stati trasferiti pazienti al San Paolo di Milano, al Papa Giovanni di Bergamo, a Cremona e al San Matteo di Pavia. E ieri, come non accadeva da tempo, le ambulanze del 118 hanno trasportato pazienti Covid più volte nell’arco della giornata nei pronto soccorso degli ospedali bresciani.
Terza ondata? I dati sono contrastanti. Dal report regionale, infatti, a Brescia il rapporto dei nuovi positivi al Sars-Cov-2 rispetto alla popolazione è pari al 4,83%. Uno dei numeri più bassi rispetto a quelli delle dodici province lombarde. Eppure, da settimane il totale dei positivi allarma. Ed allarmano gli ospedali. Al punto che sabato alcune strutture - le Asst Spedali Civili e Franciacorta - hanno detto all’Areu (Azienda regionale emergenza ed urgenza) di non inviare pazienti Covid nella fine settimana perché i posti letto dedicati erano tutti occupati. E lo sarebbero rimasti almeno fino al lunedì perché, com’è noto a chiunque abbia avuto un’esperienza di ricovero ospedaliero, è più difficile dimettere di sabato o di domenica. In sostanza, se non ci sono le condizioni per andare a casa il venerdì, si è quasi certi che si rimane ricoverati almeno fino al lunedì successivo.
«Per questo è necessario organizzare gli ospedali e, soprattutto, fare rete - spiega Alessandro Triboldi, direttore generale della Fondazione Poliambulanza -. Noi abbiamo messo a disposizione 24 letti aggiuntivi per il fine settimana, che si sono riempiti in poco tempo. Tanto che abbiamo dovuto chiedere ad Ats di individuare posti letto liberi in altre aree della Regione, visto che nel Bresciano nessuno ne aveva». Non propriamente una nota polemica, quella del numero uno di Poliambulanza, ma una preoccupazione che deriva dall’esperienza. «L’anno scorso abbiamo iniziato esattamente così, verso la fine di febbraio: pochi casi, di giorno in giorno, e nell’arco di poche settimane avevamo l’ospedale quasi completamente dedicato alla cura dei malati di Covid. Non sono ottimista: ricordiamo che la situazione, l’anno scorso, si è normalizzata verso metà aprile».
Da qui, l’appello «accorato» a tutte le realtà della rete ospedaliera bresciana: «Dobbiamo fare rete, ma farla veramente perché solo così potremmo salvaguardare le attività di elezione per dare le risposte a chi ha bisogno di cure. Noi abbiamo già ridotto molte attività, con grande angoscia e dispiacere per noi e, soprattutto, per i pazienti». I dati sottolineano la crescita del fine settimana: il report sintetico Covid regionale, riferito alla situazione di venerdì 19 febbraio, riporta un numero di ricoveri in area medica in Poliambulanza pari a 108, oltre a quattordici in terapia intensiva. «Oggi (ieri, ndr) le persone ricoverate nei reparti sono 120 - spiega Triboldi -. In terapia intensiva abbiamo un numero costante di quattordici malati solo perché quelli sono i letti che abbiamo riservato loro. Significa che se arrivano casi molto gravi dobbiamo dirottarli su altri ospedali». Ed aggiunge: «È evidente che ci sia tensione perché nel Bresciano il virus è ancora molto presente e il numero dei contagi lo dimostra. Ad una situazione critica si deve dare una risposta di rete: dobbiamo organizzarci e lo possiamo fare perché, a differenza di un anno fa, non assistiamo ad un assalto ai pronto soccorso. Tuttavia, in Poliambulanza ogni giorni arrivano almeno quindici casi di persone contagiate, con un picco anche di venti il sabato e la domenica».
Leggendo le tabelle della situazione in città e provincia, emerge un dato, per così dire, «confortante»: in crescita sono certamente i numeri dei ricoveri nei vari reparti (anche se ciascuno è organizzato per intensità di cura, grazie a tecnologie sofisticate, e questo significa che non necessariamente malati gravi vanno in terapia intensiva) che sono aumentati del 40% da metà gennaio ad oggi. Per contro, il numero di pazienti nelle terapie intensive è rimasto sostanzialmente invariato: erano 66 il 16 gennaio scorso; sono scesi a 63 il 19 febbraio e ieri erano 64. Dalla media regionale risulta che in Lombardia i posti letto occupati nelle terapie intensive da pazienti Covid sono pari al 36%. L’allerta scatta quando si supera il 40%.
Ancora, riferendoci sempre alla media regionale, in Lombardia sono 3,84 i nuovi positivi ogni centomila abitanti. Siamo dodicesimi su ventuno. Nel Bresciano non è così. «No, non è così - conclude Triboldi -. Tant’è che abbiamo ricoverate persone che potrebbero essere dimesse per iniziare il percorso riabilitativo, ma non ci sono posti. Nel frattempo, il personale medico, infermieristico e di supporto è sottoposto ad uno stress lavorativo eccessivo. Un impegno enorme, anche perché devono sopperire alle carenze dovute ai molti positivi che devono rimanere in isolamento fiduciario per un paio di settimane. Credevo che con il vaccino avremmo tirato un sospiro di sollievo. Non è così, perché l’immunizzazione non impedisce di contagiarsi e, dunque, essere positivi. E se un medico, o un infermiere, è positivo, deve rimanere a casa in isolamento, anche se è stato vaccinato».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
