Brescia a secco: manca il 50% delle riserve d'acqua
A conservare una buona parte delle sue riserve c’è solo il lago di Garda, ma c’è poco da esultare: tutto l’oro blu finisce nel Mincio e, quindi, a beneficiarne sono di fatto Mantova e Verona.
A noi resta il Sebino che, però, sta raschiando il fondo del barile: è al 5% della sua capacità di fornire acqua per irrigazione. Il 14 aprile 2021 il lago d’Iseo era a +23 cm sullo zero idrometrico, il 14 aprile di quest’anno segnava invece -10. Il che significa che se in un anno con precipitazioni e clima nella media (come è stato ad esempio il 2020), durante la stagione irrigua riesce a garantire acqua per circa 45 giorni, oggi arriva a stento a coprire il fabbisogno di due settimane.
E se a questo si aggiunge lo scarsissimo innevamento (siamo a meno di un terzo dei 2,5 miliardi di metri cubi che di solito si misurano in questa stagione), il conto è presto fatto: al momento, manca almeno il 50% delle riserve di acqua.
Insomma, siamo letteralmente al conto dell’ultima goccia, un grattacapo non da poco per agricoltura e Consorzi di bonifica, alle prese con il delicato equilibrio dei monitoraggi e delle misurazioni per utilizzare al meglio la risorsa più preziosa di sempre, centellinandola già nei giorni del debutto della stagione irrigua. Se da un lato però si lavora all’invasamento (con la chiusura di tutte le paratie proprio per centellinare l’acqua) per preservare il più possibile le riserve idriche, dall’altro i nostri due consorzi, quello dell’Oglio Mella e quello del Chiese, incocciano contro due incognite, oltre all’andamento del meteo ormai drogato da una crisi climatica sempre più evidente.La prima: il costo dell’energia nel caso in cui si vogliano attivare non solo i sistemi a naturale scorrimento ma quelli a pressione, conto che - rispetto agli anni passati - rischia di lievitare anche di venti volte. La seconda: a fronte dei dati, dei monitoraggi e degli investimenti che riguardano le reti gestite da Oglio Mella e da Chiese, nel Bresciano c’è un intero sistema di altre «reti» che sfugge dai radar, ovvero quello dei piccoli consorzi privati. Non stiamo parlando di numeri secondari: a Brescia ce ne sono oltre un centinaio ed è la provincia lombarda che ne conta di più. Basti pensare che Milano, Lodi e Pavia di Consorzio ne hanno uno solo.
C’è, dunque, anche un problema di dispersione idrica in un momento di allarme siccità? Non proprio. Ma il rischio che non si abbia l’esatto quadro d’insieme della già poca acqua a disposizione - secondo il Consorzio Oglio Mella - sì, c’è. Qual è il fabbisogno medio della nostra provincia, dove l’agricoltura è un patrimonio non indifferente?
A calcolarlo è stato il report sulla stagione irrigua 2020 in Lombardia firmato da Anbi (l’Associazione regionale consorzi gestione e tutela del territorio e acque irrigue), che ha approfondito i principali temi che consentono di avere il quadro sull’uso dell’acqua in agricoltura. I
l verdetto: nel 2020, anno in linea in quanto a temperature e pioggia con l’andamento dal 2006 in avanti, nei due comprensori di bonifica gestiti dai Consorzi Oglio Mella e Chiese sono stati derivati 888 milioni di metri cubi di acqua dai corpi idrici superficiali (alias: fiumi e lago), mentre 14 milioni di metri cubi sono stati «risucchiati» dalla falda tramite i pozzi. Dato, quest’ultimo, che va moltiplicato almeno per cinque se si volesse fare una stima capace di racchiudere anche l’apporto dei consorzi privati.
La stagione irrigua è persa? Non è detto, siamo solo agli inizi: «La poca neve presente si scioglierà a breve, ma soprattutto - dicono gli esperti - bisogna sperare nelle precipitazioni da qui a settembre». Altrimenti? «Altrimenti si va incontro a un completo disastro».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
