Aria malata, la protesta delle Regioni del Nord: «Nuovi limiti troppo aspri, l’Ue ci esoneri»
Tra Europa e Regione «tira una brutta aria». E non è solo un gioco di parole: proprio oggi il governatore della Lombardia - insieme ai colleghi di Veneto e Piemonte e a un rappresentante dell’Emilia Romagna - è a Bruxelles con l’assessore all’Ambiente Giorgio Maione per guardare negli occhi i membri di Commissione e Parlamento e ottenere una deroga su «costi e oneri insostenibili» che la nuova direttiva Ue sulla qualità dell’aria comporterebbe per la Pianura padana.
Si tratta di un iter legislativo ancora in corso e formulato sulla base delle indicazioni stilate dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Di fronte alle evidenze epidemiologiche che certificano come 55mila persone all’anno in Italia (232 nel Bresciano, secondo lo studio condotto da The Lancet) muoiano a causa dei veleni atmosferici, l’Oms ha infatti deciso di inasprire i parametri. Come? Dimezzando, in sostanza, i limiti di legge attuali.
La tesi è semplice: l’inquinamento dell’aria resta il più grande rischio ambientale per la salute in Europa e queste nuove linee guida non possono restare a lungo una chimera. I governatori, però, sono sul piede di guerra: «Il problema qui è fisico, geografico e morfologico. Questa è la verità, non che la Lombardia sia cialtrona e non faccia il suo dovere» ribatte il presidente Attilio Fontana. L’interlocuzione, insomma, non inizia con le migliori prospettive. Specie se si pensa che la Lombardia «locomotiva del Paese» ha all’attivo ben tre procedure d’infrazione Ue in corso.
Infrazioni
A puntare i riflettori (e il dito) contro la spedizione del Nord è stato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, che nel suo tour in Lombardia ha fatto tappa ieri in città insieme alla coordinatrice regionale Barbara Meggetto. «Brescia è una provincia che vanta grandi primati anche su problemi ambientali che devono essere risolti: le ferite sanguinano e bisogna sanarle. Ecco perché dobbiamo fare in modo che questa transizione ecologica sia il più breve possibile: la grande sfida oggi è accorciare i tempi, non certo dilatarli.
I dati sulle morti causate dall’inquinamento atmosferico sono inaccettabili» scandisce Ciafani. Che accusa direttamente tutta la filiera di governo, dallo Stato alle Regioni fino ai territori: «Se avessero messo in atto tutte le prescrizioni capirei l’interlocuzione, ma le azioni previste nei precedenti accordi non sono state messe in pratica». L’arringa del numero uno di Legambiente è diretta: «Il particolato più fine è quello più pericoloso. Prima di mettere le mani avanti, bisogna mettere le mani in pasta: qui stiamo parlando della salute di milioni di persone».
Non è un caso, del resto, se gli esperti chiamano le polveri sottili e sottilissime il «killer silente» e se il tema della qualità dell’aria è finito in pieno nel programma del Green Deal europeo, il pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’Ue sulla strada di una transizione verde.
Specificità
Ci sono alcune evidenze: le due condanne per infrazione (tre con la procedura ancora pendente). Ma anche il fatto che, in Lombardia, i dati di oltre due terzi delle stazioni di rilevamento della qualità dell’aria certificano come non si rispetti la soglia massima dei 35 giorni di superamento per le Pm10.
Quali le ragioni dei governatori allora? «La criticità del bacino padano non dipende solo dalle emissioni atmosferiche, che in Lombardia in termini pro-capite sono tra le più basse d’Europa, ma dalle sue condizioni orografiche e climatiche che favoriscono accumulo e ristagno d’aria impedendo il rispetto dei limiti» ribatte Fontana. Che è intenzionato a fare valere a Bruxelles una ulteriore questione: «Anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili, veicoli a zero emissioni, impianti di riscaldamento puliti, gestione ottimale di allevamenti e reflui zootecnici, vista la struttura padana le nuove soglie proposte dall’Ue di fatto ci costringerebbero a ridurre del 75% il numero di veicoli circolanti, attività industriali e impianti di riscaldamento e del 60% gli allevamenti. Un prezzo proibitivo. I target vanno raggiunti, ma con gradualità e alla luce della loro sostenibilità socio-economica e ambientale».
L’obiettivo del faccia a faccia di oggi è in sostanza convincere Bruxelles della specificità padana. E si prospetta un braccio di ferro dall’esito non scontato.
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