Ambiente

Inquinamento: Brescia è la città in Europa dove si muore di più

Secondo The Lancet, se si applicassero le nuove linee guida Oms, si eviterebbero le 232 morti all'anno legate alle polveri sottili
Lo smog a Brescia ha conseguenze molto gravi anche sull'aspettativa di vita - © www.giornaledibrescia.it
Lo smog a Brescia ha conseguenze molto gravi anche sull'aspettativa di vita - © www.giornaledibrescia.it
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Gli esperti lo chiamano «il killer silente» per due ragioni: difficile trovare il «suo nome» nelle cartelle cliniche alla voce «causa del decesso» e, proprio per questo, c’è ancora molta inconsapevolezza. Ma sì: l’inquinamento uccide. E a Brescia con un’incidenza maggiore rispetto alle altre città d’Europa. Quanto maggiore? Quasi il doppio rispetto alla seconda città «schedata». Il numero non lascia scampo ai «ma»: se si seguissero le linee guida dettate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rispetto alle Pm 2,5, nel nostro capoluogo si potrebbero evitare ben più delle 232 morti all'anno stimate sulla base dei vecchi parametri.

Rispettare le nuove linee guida sulla qualità dell'aria emanate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 2021 permetterebbe di evitare, nella sola Europa, oltre 166mila morti premature all'anno, 114.000 in più rispetto all'obiettivo previsto con le precedenti linee guida del 2005. Tra le 10 città europee con il più alto tasso di mortalità a causa dagli inquinanti, che quindi trarrebbero maggiori benefici dall'adozione dei limiti più stringenti di Pm 2,5 e di NO2, ci sono anche alcun centri italiani, tra cui Brescia che risulta essere quella con il più alto tasso di mortalità causato dall'inquinamento.

Lo studio

A ribadire un allarme scattato da tempo è lo studio del Barcelona institute for global health, pubblicato a gennaio 2021 su una base di dati aggiornati al 2015, ripreso ancora una volta ieri su The Lancet (una tra le più autorevoli riviste di medicina a livello internazionale) e che prende in considerazione i decessi da Pm 2,5 e da biossido di azoto (No2) in mille città europee. E l’Italia (s)figura ben quattro volte su dieci: a seguire il podio nero di Brescia, al secondo posto, c’è Bergamo (137 morti), mentre al quarto - dopo Karviná, città della Regione di Moravia-Slesia, nel nord est della Repubblica Ceca, dove per mano dell’inquinamento muoiono 52 persone ogni anno - si piazza Vicenza, per poi passare all’ottava posizione con Saronno. E no: non dipende dalla densità demografica. La ricerca scientifica, infatti, calcola l’incidenza proprio sulla base della media ponderata che prende in esame concentrazione di polveri sottili e popolazione. La conclusione è netta: rispettando i parametri di legge, Brescia riuscirebbe ad evitare 232 decessi ogni anno.

La nostra provincia è al centro delle procedure di infrazione dell’Ue per lo smog - © www.giornaledibrescia.it
La nostra provincia è al centro delle procedure di infrazione dell’Ue per lo smog - © www.giornaledibrescia.it

Se si considera seriamente questo quadro, le nuove linee guida sulla qualità dell’aria emanate dall’Oms non sembrano più così «rigide». Cosa è cambiato? L’Organizzazione ha ridotto i limiti massimi di biossido di azoto, Pm 2,5, Pm 10, ozono e monossido di carbonio, evidenziando la distanza con i valori massimi normativi imposti in Europa. In cifre: la media annuale del particolato fine (Pm 2,5) passa da dieci a 5 µg/m3, quella che riguarda il particolato inalabile (ovvero il Pm 10) scende da 20 a 15 µg/m3, mentre per il biossido di azoto (No2) si scende drasticamente da 40 a 10 µg/m3. Infine, il monossido di carbonio (Co) per il quale viene suggerito il limite giornaliero di 4 µg/m3.

Quali sono i «killer silenziosi»

Particolato. Indica l’insieme delle sostanze solide e liquide, sospese in aria, con un diametro che va da un milionesimo di millimetro a mezzo millimetro, prodotte da attività naturali (come ad esempio pollini, polvere, sali) e da attività umane (come traffico, riscaldamento, industrie).

Pm. È l’acronimo di «particulate matter» e serve per identificare le dimensioni delle particelle che costituiscono il particolato. In sostanza: più sono piccole e maggiormente riescono a penetrare nel nostro organismo.

Pm 10. Si tratta del particolato formato da particelle con diametro inferiore a un centesimo di millimetro (10 micrometri). È una polvere che può essere respirata ed è quindi in grado di raggiungere naso e laringe: le particelle tra i 5 e i 2,5 micrometri riescono con facilità a depositarsi nei bronchi polmonari.

Pm 2,5. Descrive il particolato fine, quello formato da particelle con un diametro inferiore a 2,5 micrometri. Questo penetra nei polmoni e nel caso delle polveri ulteriormente più sottili, anche nel sistema circolatorio.

L'aspettativa di vita

C’è anche un altro fronte da considerare: l’aspettativa di vita. Si può cioè calcolare, scientificamente, quanto più a lungo si potrebbe vivere se respirassimo un’aria pulita? Sì: la risposta è dai due fino ai sei anni in più. Parola dell’Aira quality life index (Aqli) i cui dati, frutto di un’approfondita ricerca, mettono in luce non solo «i danni causati dal particolato nell’atmosfera», ma pure le conseguenze previste nel caso in cui non si mettano in atto al più presto una serie di azioni politiche e, quindi, di contromisure. Nel dettaglio, a meno che l’inquinamento non venga ridotto alla soglia dettata dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità, ogni persona perderà in media 2,2 anni di vita. Che arrivano a sei per tutti coloro che si trovano a vivere nei territori più inquinati.

La spesa

Un ulteriore parametro da valutare è infine quello delle ricadute economiche e sociali. In questo caso a fare (letteralmente) i conti è il rapporto 2020 dell’Epha (European public health alliance). L’indagine ha quantificato la spesa media per cittadino europeo legata all’inquinamento atmosferico causato da Pm, ozono e No2 sulla base di alcune variabili: morte prematura, visite e cure mediche, perdita di giorni di lavoro e altri costi sanitari. Il risultato? La media europea si attesta su 1.276 euro all’anno pro capite. Ma il dato sale sensibilmente se si vanno a considerare alcune città italiane. In testa, naturalmente, ci sono i territori del nord. In questo caso al secondo posto della «classifica del portafoglio» c’è Milano (si pagano 2.843 euro), ma Brescia non è da meno: supera l’esborso medio europeo con una spesa di 2.106 euro all’anno.

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