Alluvione, 17mila famiglie a forte rischio: trincee e tetti verdi per prevenire disastri
L’analisi delle precipitazioni a Brescia negli ultimi 70 anni evidenzia che sì, c’è stato un aumento dei fenomeni intensi di breve durata, ma non delle precipitazioni con durata giornaliera. Lo studio, condotto dal Dipartimento di Ingegneria civile, architettura, territorio, ambiente e matematica dell’Università degli Studi di Brescia, dice anche che si tratta di un aumento superiore al 10% solo per le precipitazioni orarie, non per le durate che hanno messo in crisi i bacini romagnoli. Almeno per ora.
«È ragionevole ritenere che accadrà ciò che dicono i modelli - sottolinea il prof. Roberto Ranzi, Ordinario di costruzioni idrauliche, marittime e idrologia all’UniBs -, ovvero che ci sarà un aumento delle precipitazioni brevi intense nei prossimi anni», e per mitigare gli effetti di queste piogge ci sono numerosi piccoli interventi diffusi su cui è importante lavorare fin da ora.
A rischio
Secondo l’ultimo report Ispra (l’Istituto speriore per la prevenzione e la ricerca ambientale), nel Bresciano 16.897 famiglie abitano in contesti dove c’è un forte pericolo di alluvioni e 8.768 edifici sono costruiti in zone a rischio allagamento. Connesso a questo vi è poi il rischio frane, concentrato nelle valli: nella nostra provincia è forte in aree in cui vivono 5.624 famiglie e si trovano 5.702 edifici.
Potenzialmente il rischio alluvioni riguarda 300mila bresciani (non solo quelli che abitano nelle zone classificate a forte rischio) in un territorio di oltre 1.400 chilometri quadrati, un terzo della superficie provinciale, caratterizzata da tre grandi laghi, tre fiumi rilvenati, migliaia di fossi e canali nella Bassa e centinaia di torrenti nelle valli. L’area da codice rosso si estende per 375 chilometri quadrati, con oltre 40mila cittadini. Fra i Comuni più a rischio ci sono quelli lacustri, in particolare Moniga del Garda, dove risulta ad elevata pericolosità idraulica il 72% del territorio; seguono Sirmione, Manerba, San Felice, Monte Isola, Padenghe e Iseo.
Interventi diffusi
E dopo mesi in cui abbiamo guardato con preoccupazione ai fiumi in secca e al cielo senza pioggia, ora il dramma dell’Emilia Romagna ci riporta a fare i conti con il rischio idrogeologico sul nostro territorio. ome spiega il prof. Ranzi, c’è una serie di piccoli interventi diffusi e preventivi che possono fare la differenza in caso di fenomeni intensi. Nell’elenco troviamo le trincee drenanti, ovvero canalizzazioni che raccolgono le acque drenate dalle aree verdi ai bordi delle strade e dai giardini, che possono appunto drenare l’acqua al contrario del fondo asfaltato, impermeabile.
E poi ci sono le vasche di laminazione, particolari invasi disposti lungo canali e corsi d’acqua che fungono da serbatoi di stoccaggio temporaneo delle acque meteoriche, rilasciate in ritardo quando la piena si sta esaurendo. Tra città e provincia ne sono già state realizzate o progettate diverse, come quella a Nave, inaugurata nel 2017, o quella a Sant’Eufemia - solo per citarne una - che rientra nel piano di contenimento del rischio idrogeologico messo a punto da palazzo Loggia nel 2013.
Ancora, «ci sono i tetti verdi - spiega il prof. Ranzi -: si tratta di "materassi" di terreno vegetale drenante, da posizionare sulle coperture degli edifici, capaci di trattenere anche alcune decine di millimetri di lama d’acqua, con un effetto isolante termico delle coperture e di raffrescamento delle temperature». E poi i serbatoi da installare a fine grondaia e i pozzi drenanti. L’obiettivo è sempre lo stesso: trattenere e rallentare il flusso d’acqua, in modo che il terreno abbia più tempo per assorbirla e che i collettori non tracimino.
La normativa
Nel 2017 Regione Lombardia ha approvato i criteri e i metodi per il rispetto del principio dell’invarianza idraulica ed idrologica. Tradotto: in caso di una nuova edificazione, non ci deve essere, in media, una riduzione della permeabilità del suolo e, al tempo stesso, non ci deve essere un aumento del volume dell’acqua che deve defluire.
Per farlo, le nuove realizzazioni, come edifici o parcheggi, devono dotarsi di vasche di raccolta o di sistemi di scolo che non vadano a compromettere la capacità dei canali di smaltire le portate.
«Interventi diffusi e sistemi di preallarme sono fondamentali per affrontare le emergenze idrogeologiche, ma c’è un ultimo fattore determinante - conclude il prof. Ranzi -: la formazione. La popolazione deve sapere come comportarsi in caso di calamità, e spesso purtroppo non è così. La maggioranza delle vittime in caso di alluvione è morta in auto o negli scantinati, è necessario conoscere le regole base: mai scendere ai piani bassi, uscire dall’auto appena la lama dell’acqua supera una ventina di centimetri, mai fermarsi sui ponti». Regole semplici, che però bisogna conoscere.
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
