Allarme ludopatia, oltre 26mila bresciani «malati di gioco»: in pochi si curano
Dopo i casi dal grande clamore mediatico legati ad alcuni calciatori italiani, il problema della ludopatia è entrato prepotentemente nel dibattito pubblico, portando alla luce un tipo di dipendenza spesso sottovaluta, capace di condizionare la vita di moltissime persone e in grado dunque anche di minare le relazioni sociali di una comunità.
Proprio su questi aspetti si è concentrato il progetto di ricerca-intervento «Promuovere salute di comunità e fronteggiare il Gioco d’azzardo Patologico (Gap)» - affidata da Ats Brescia al Centro di ricerca sullo sviluppo di comunità e i processi di convivenza (Cerisvico) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - i cui dati sono stati presentati ieri nel Campus di Mompiano.
Il dato più emblematico arriva dall’Agenzia di tutela della salute: si stima che sul nostro territorio 26mila persone soffrano di Disturbo da gioco d’azzardo, ma sono molte meno quelle in cura: 344 nel 2022 e 274 nel primo semestre del 2023. Per provare a combattere il fenomeno Ats Brescia ha ricevuto dalla Regione, per il periodo 2019-2022, circa 2 milioni e 200mila euro e una parte di questa somma (48.678 euro) sono stati affidati all’Università Cattolica per la ricerca.
Prevenzione
«Una cifra importante, utilizzata esclusivamente per le azioni di prevenzione - precisa Maria Stefania Vizzardi, responsabile Promozione della salute di Ats Brescia -. I fondi sono serviti per mettere in campo azioni di sensibilizzazione nel setting scolastico, nei luoghi di lavoro e nelle comunità locali: un lavoro a 360 gradi rivolto a tutta la popolazione del territorio. Adesso sono già stati stanziati circa 850mila euro per finanziare e rinforzare le azioni legate al nuovo piano Gap 2023».
I dati
La ricerca della Cattolica è partita nel 2021 e si è focalizzata sul Comune di Brescia e su quello di Trenzano, interrogandosi appunto sulle problematiche derivanti dal gioco d’azzardo legate alla comunità. Si è sviluppata attraverso 23 interviste e 8 focus group con referenti istituzionali, professionisti, studenti, volontari, cittadini e pazienti che soffrono di Disturbo da gioco d’azzardo e i loro familiari, inoltre altre 575 persone tra i 18 e i 74 anni hanno risposto ad un questionario formulato ad hoc e 60 tra operatori, cittadini e pazienti di diverse età hanno partecipato a 3 world cafè: in tre anni numerose sono le persone che sono state coinvolte in un progetto volto a valorizzare le risorse e gli attori presenti sul territorio.
I risultati hanno evidenziato la difficoltà a tracciare un profilo del disturbo e della sua reale portata e conseguentemente una serie di criticità nella gestione del fenomeno. Attraverso i dati raccolti è emerso poi che quasi tutti i giochi sono conosciuti dalla cittadinanza: la maggioranza dei partecipanti ha dichiarato di non aver mai giocato nelle sale od online, molti hanno però tentano la fortuna con le lotterie e i gratta e vinci. Il 5% gioca spesso o sempre alle slot machine, circa il 6% scommette online su gare sportive, gli uomini giocano più delle donne e gli under 25 più delle altre fasce d’età.
Interessanti sono gli aspetti sociali della ricerca. In merito ai problemi economici legati al gioco, il 55,5% degli intervistati ha affermato di non conoscere nessuno in questa situazione, mentre il 28,8% ha ammesso il contrario. La ludopatia fatica però ad essere vista come una patologia: il 68% dei partecipanti ha dichiarato di non conoscere nessuno con problemi di salute legati al gioco; il 16,6% ha confermato invece di conoscere persone affette da alcune problematiche.
«La ricerca concepisce il gioco d’azzardo come qualcosa che può essere intercettato da una comunità territoriale. Nel contesto bresciano si è costituita una rete che sta lavorando bene: in questo modo si permette alle persone in difficoltà di riconoscere la bontà dei servizi e di sentirsi accompagnati, senza rifugiarsi nel gioco per risolvere i problemi», ha sottolineato Elena Marta, professoressa ordinaria di Psicologia sociale e di comunità.
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