Ai seggi tra lo scrutatore non votante e Lamin, al suo primo voto da bresciano

L’identikit e le ragioni di chi sceglie di astenersi e l’orgoglio di chi vuole poter dire la sua sulle elezioni Regionali in Lombardia
La prima giornata di voto non ha incontrato problemi pratici - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
La prima giornata di voto non ha incontrato problemi pratici - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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La storia di Milena non sembrava destinata all’apatia politica. È nata in una famiglia di sindacalisti, a scuola è stata più volte rappresentante d’istituto, negli anni ha partecipato a manifestazioni che l’hanno portata a Roma. Milena oggi ha 58 anni, è una scrutatrice, segue la politica e apprezza di vivere in un Paese in cui esiste la democrazia. Ma per la prima volta, pur garantendo la sua presenza ai seggi per le due giornate di voto delle elezioni regionali in Lombardia, non inserirà la sua scheda nell’urna.

Quasi sembra un controsenso: la scrutatrice non votante (Samuele Bersani ci ha scritto pure una canzone), ma lei la spiega così: «La mia astensione è una dichiarazione politica sullo stato pietoso della nostra classe dirigente, ormai espressione solo di se stessa». È convinta che nessuno dei partiti realizzerà i cambiamenti che desidera e che, in quarant’anni di elettorato attivo, ha sognato di vedere concretizzati. «Anni fa, almeno, si discuteva. C’erano le riunioni in cui ce le si diceva di santa ragione, ma quando un programma veniva divulgato era frutto di una genesi: ci si era confrontati, ci si era lavorato, era un punto di mediazione tra idee radicali diverse. Era il programma degli elettori di quella parte politica. Oggi il programma conta talmente poco che lo scrivono i dirigenti in fretta e furia in pochi giorni. E sai come te ne accorgi? Perché quello che ti trovi per le mani è un elenco di principi generici: tutti dichiarano di voler fare questo e quello, ma nessuno ti dice come lo farà».

La genealogia dell’astensionismo si rilegge anche nei seggi bresciani, dove ieri - nella prima giornata di voto di queste Regionali - i lavori sono proseguiti in un regime di «calma piatta» per citare più di qualche presidente. E dove alcuni grandi must (tra chi pensava di essere lì per scegliere il sindaco e chi cercava di scacciare l’ansia da errore, perché «la preferenza l’ho promessa, ma spero di barrare lo spazio giusto) non sono mancati.

Mentre Milena racconta il suo disincanto, Mattia, vent’anni appena scoccati, non resiste. Dice: «Ma non si rendono conto gli astensionisti della posta in palio? Non capiscono la gravità del momento? Non vedono le conseguenze della loro non scelta?». Fa parte della generazione che più di tutte viene messa in croce ad ogni elezione: «Rientro nella categoria dei giovani, siamo disillusi: è vero, neanche stavolta i programmi includono i temi a noi cari. Però l’unico modo per dare un segnale è votare e non rassegnarsi». Al seggio ci è venuto con nonna Enrica, tutta imbellettata e sgargiante. Orgogliosa sventola la sua scheda elettorale: «Non ne ho mancato neanche uno di voto, referendum inclusi, perché i diritti conquistati bisogna saperseli tenere». Non condivide la linea degli astensionisti, ma la comprende: «Onestamente, i programmi sono in fondo tutti uguali. La differenza la fanno sempre e solo le persone: io vado a istinto, a volte ho sbagliato ma proprio per quello non vedevo l’ora, la volta successiva, di tornare alle urne per correggere la mia preferenza».

Via Nino Bixio, Lamin arriva sull’uscio del seggio a passo spedito. Poi si ferma un momento per cercare la tessera elettorale e mentre estrae il documento gli scappa un sorriso compiaciuto. Anni 48, viene dal Myanmar e ha ricevuto la cittadinanza solo un mese fa: «Questo è il mio primo voto da bresciano e non me lo sarei perso per nessuna ragione. Da noi i militari hanno il controllo assoluto dei poteri esecutivo, giudiziario e legislativo e hanno il controllo di tutti i media. Le elezioni non sono mai state davvero libere, l’esercito cancella i voti di intere aree del Paese. Qui si può scegliere e io, per la prima volta, voglio scegliere». Buon voto, Lamin.

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