Bassa

Siccità, parlano gli agricoltori: «Trovare soluzioni stabili alla carenza d’acqua»

La testimonianza e le proposte di due imprenditori di Seniga e Alfianello
Un campo coltivato ad Alfianello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Un campo coltivato ad Alfianello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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«Ad oggi sono in regola con l’acqua, ma andando avanti così sono preoccupato. Se le condizioni non cambiano è dura. A San Zeno, dopo una grandinata, ho ripiantato il mais, che è ancora basso». Dunque, bisognoso di acqua. Come tutta la campagna.

Luigi Barbieri è un agricoltore di Seniga, titolare dell’azienda Belvedere, fino a pochi giorni fa era vice presidente di Confagricoltura Brescia. Coltiva terreni a Seniga, Borgosatollo, Montirone e San Zeno, oltre che nel Cremonese. Dipinge una situazione diversa secondo le aree.

«Qui a Seniga - dice - abbiamo ancora l’acqua. Il mais è bello». L’alimento per le piante arriva dal Consorzio Gambarina, filiazione dell’Oglio. «Il fiume è basso, ma ancora decoroso», conferma Barbieri. Sul Cremonese l’acqua viene erogata al 65%. Anche più a nord, fra Montirone e San Zeno, ci sono problemi. Chi ne dispone, per irrigare usa i pozzi artesiani e il sistema a pivot, impianti con moduli componibili che ruotano intorno a un punto fisso. Se qui a Seniga la situazione non è ancora di emergenza, altrove la soglia di allarme è stata superata.

«Mi dicono che a Lonato alcuni agricoltori stiano già raccogliendo il mais, ormai secco». La siccità sta diventando un problema cronico. «Le strade per razionalizzare l’acqua possono essere diverse», afferma Barbieri. Il sistema a scorrimento andrebbe conservato, «perché tutela le falde a sud». Bisogna «incentivare l’uso dei pivot, così come dei metodi a goccia o a pioggia, si possono sfruttare laghetti e cave di prestito». Non lo convince l’uso delle cave dismesse come bacini di accumulo: «Il costo rischia di essere superiore al beneficio». In ogni caso, l’emergenza idrica «va messa al primo posto per quanto riguarda gli investimento in agricoltura. I Piani di sviluppo rurale devono puntare di più a risolvere questo problema».

L’altra sera una pioggerella ristoratrice ha bagnato la campagna di Alfianello. «Ero così contenta che l’ho presa tutta», confessa Cristiana Moscardi, dell’azienda agricola Colombaro. «È venuta giù poca acqua, venti minuti per vincere l’arsura, comunque è sempre meglio che niente. I campi hanno una gran sete». I terreni della Colombaro sono irrigati dall’acqua del onsorzio roggia Mandregola, alimentata soprattutto dalle sorgive. La Mandregola è in sofferenza, come pura la roggia Luzzaga gestita dall’omonimo Consorzio di Alfianello.

«Speriamo nel nuovo depuratore», afferma Moscardi. È quasi pronto, per altro a due passi dalla cascina Colombaro. «L’intenzione del Consorzio - spiega - è di utilizzare i reflui in uscita per l’irrigazione. Naturalmente dopo le necessarie analisi sulla qualità dell’acqua». Adesso bisogna fare i conti con l’emergenza. «È spuntata la soia, seminata 27 giorni fa: di solito bastano otto giorni». La terra è secca, il mais è pronto per la cimatura.

«Serve acqua, altrimenti buona parte della produzione andrà persa. La pianta non ha forza per fare tante pannocchie». Si guarda il cielo, dunque. «Però bisogna fare di più. Ad esempio tenere più puliti rogge e corsi d’acqua».

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