Bassa

Guerra in Ucraina, preallerta a Ghedi ma non è tempo dei Tornado

Massimo riserbo nell’aerobase dei Diavoli Rossi del 6° Stormo: il loro impiego pressupone scenari più estremi
Un Tornado del 6° Stormo di Ghedi al decollo - © www.giornaledibrescia.it
Un Tornado del 6° Stormo di Ghedi al decollo - © www.giornaledibrescia.it
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Preallerta. Termine che mescola prudenza a prospettive operative in uno scenario che si fa ingarbugliato e incandescente. É quello che le agenzie di stampa rimbalzano riferendosi alle basi militari e alle forze armate italiane dopo la preoccupante accelerazione degli eventi in Ucraina.

E a questo contesto non è estranea l’aerobase di Ghedi, sede del 6° Stormo dell’Aeronautica Militare, oltre che del 704th Munitions Maintenance Squadron dell’Usaf, reparto dislocato in Italia proprio in ambito Nato. Unità, per inciso, deputata al presidio di bombe nucleari, sulla cui presenza nel cuore della Bassa bresciana concordano fonti e analisi plurime.

I Tornado

All’aeroporto dei Diavoli Rossi il riserbo è massimo. Ogni domanda formale sulle ripercussioni della situazione ucraina viene rimbalzata allo Stato maggiore della Difesa. Certo, preallerta per a Ghedi non significa eventualità di ridislocamento di aerei agli estremi confini della Nato: le caratteristiche tipiche d’impiego dei Tornado, cacciabombardieri capaci di operare a bassa quota, ne fanno velivoli ideali in uno scenario di penetrazione oltre le linee nemiche, con l’obiettivo di interdire target specifici, come postazioni radar, missilistiche o strutture militari e di comunicazione nevralgiche. Interventi, insomma, che preludono a un attacco via terra. Quello che avvenne, in un altro contesto «fuori area», nel 1991 con l’Operazione Locusta, nella prima guerra del Golfo.

Resta poi l’eventualità di un impiego per ricognizione aerea, altra specialità del 6° Stormo, che al momento però pare appannaggio dei droni Global Hawk decollati più volte dalla base Nato di Sigonella, in Sicilia, attivata assieme a quella di Ederle, nel Vicentino, da cui sono in partenza per la Lettonia 800 soldati americani.

Al riguardo, pare difficile ricollegare la rumorosa attività che qualche residente della Bassa segnala nelle ore notturne in zona al possibile rischieramento di uomini o mezzi militari Usa in transito verso Est, complici anche i massici lavori di riqualificazione che interessano in questi mesi la base di Ghedi e che non la rendono ora scalo molto funzionale.

Air Policing

L’attività che la Nato ha intensificato lungo il suo fianco orientale dal 2014, quando scattò la prima aggressione di Putin al territorio ucraino, è piuttosto quella di «air policing», un rinforzo dell’ombrello difensivo Nato nei cieli di confine nel quale operano anche unità dell’Aeronautica Militare: in queste ore, ma già da dicembre, sono rischierati in Romania 130 uomini della nostra aviazione e quattro caccia di ultima generazione Eurofighter, con equipaggi provenienti dal 4° Stormo di Grosseto, dal 36° di Gioia del Colle, dal 37° di Trapani e dal 51° di Istrana. La task force «Black Storm» («Tempesta nera») rientra nel quadro di una rotazione periodica che vede i velivoli italiani ora a supporto dei Mig-21 della difesa aerea locale.

Certo l’elevarsi della tensione impone precauzioni: il che vuol dire, questo sì magari anche a Ghedi, l’obbligo di reperibilità di personale specializzato ad esempio sul fronte dell’intelligence connessa all’attività aerea o delle strumentazioni anti-droni da impiegare a supporto di altre unità Nato, qualora la situazione lo richiedesse. E qualora a preallerta si sostituissero altri termini.

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