Ambiente

In Maddalena il «vivaio dei semi» per creare i futuri boschi urbani

I «figli» degli alberi di casa potranno così rimboschire le aree devastate dal clima e tingere Brescia di verde
Il bosco del monte Maddalena - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il bosco del monte Maddalena - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

Il concetto è: creare boschi urbani utilizzando piante e alberi «figli» di boschi esistenti, così da avere (e preservare) un patrimonio arboreo autoctono e adatto al clima di casa nostra. Ecco la nuova missione del Monte Maddalena: fornire le sementi necessarie per dare vita alla «banca degli alberi» lombarda.

A lavorarci, dietro le quinte, è l’Ersaf (acronimo di Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste): su input dell’assessorato all’Agricoltura guidato da Fabio Rolfi, la proposta si è concretizzata in un accordo di collaborazione con il Comune di Brescia. Una porzione del Monte del capoluogo - che resterà comunque accessibile ai cittadini - diventerà così in sostanza una sorta di «vivaio dei semi» per almeno i prossimi cinque anni.

Gli obiettivi

Per capire a cosa serve questo piccolo grande progetto, bastano un paio di esempi. Il primo: sempre più spesso i roghi si mangiano i nostri alberi, bruciando buona parte del patrimonio naturalistico. Lo stesso fanno gli insetti: si pensi al caso di Irma con il bostrico, che ha praticamente quasi fatto estinguere l’abete rosso.

Sempre più roghi si stanno «mangiando» il patrimonio arboreo - Foto © www.giornaledibrescia.it
Sempre più roghi si stanno «mangiando» il patrimonio arboreo - Foto © www.giornaledibrescia.it

Esattamente come dopo un terremoto scatta la ricostruzione, anche i boschi vanno salvati: per farlo, però, occorre avere le piante. Meglio ancora se si hanno quelle autoctone: non solo per conservare le specie vegetali, ma anche perché sono quelle più adatte alle nostre temperature. L’esempio numero due si intreccia con la nuova visione urbanistica improntata sulla pianificazione green: le città vogliono (e devono) alleggerirsi dal cemento per tornare a respirare e per abbattere l’impatto dell’inquinamento dato dalle polveri sottili. Non a caso sono sempre più i Comuni che iniziano a disegnare boschi urbani, a intarsiare le tangenziali e le vie principali di alberi, ad arricchire i quartieri con parchi alberati. Anche in questo caso, quali esemplari e piante migliori di quelle autoctone?

L’aumento degli incendi e una crisi climatica che spesso lascia dietro di sé una distesa di alberi sradicati, da un lato, e l’esigenza di aumentare il patrimonio verde, dall’altro, fanno sì che tutti abbiano sempre più «fame» di piante, anche la Lombardia. Per questo il progetto Maddalena diventa prezioso.

Come funziona

«Oggi - conferma l’assessore Rolfi - c’è grande necessità di piante autoctone, ma a produrle sono in pochissimi. La Lombardia è invece all’avanguardia: la scelta dell’essenza per la piantumazione è fondamentale, come lo è coltivare alberi autoctoni. Brescia è uno dei pochissimi capoluoghi ad avere un bosco in piena città: una fortuna, ma sarebbe davvero un peccato non valorizzarlo». Un progetto, questo, che è anche economicamente sostenibile: basti pensare che l’investimento massimo è pari a 40mila euro nei cinque anni.

Ma da cosa si parte e come funziona? Il primo passo sarà censire le piante e realizzare una sorta di catalogo dei tesori arborei «made in Brescia». Ad occuparsene sarà sempre lo staff dell’Ersaf. L’Ente - oltre a gestire 15mila ettari di boschi e aree naturali - è anche alla regia del Centro vivaistico regionale di Curno (Bergamo): è proprio lì che fisicamente verranno prodotte le piante forestali adatte ad interventi di rimboschimento e di riqualificazione ambientale, ottenute appunto dai semi selezionati e raccolti in Maddalena. «Il vivaio di Ersaf - spiega Rolfi - vende poi le piante quasi a prezzo zero e spesso le mette a disposizione anche gratuitamente per iniziative o per rimboschimenti. Senza dimenticare che la valorizzazione naturale e forestale delle aree urbane e periurbane costituisce un ambito di attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo di azioni innovative che portano anche alla realizzazione di infrastrutture verdi per il recupero delle aree degradate e per la riqualificazione ecologica del territorio».

L’area esatta da cui nasceranno i «figli» del nostro bosco è in fase di definizione: al momento lo spicchio in pole è quello affacciato sul versante della ex Polveriera. Ma l’ultima parola spetta agli agronomi.

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato